{"id":115,"date":"2019-11-07T00:25:45","date_gmt":"2019-11-06T23:25:45","guid":{"rendered":"https:\/\/eticadigitale.org\/?p=115"},"modified":"2022-11-20T18:08:33","modified_gmt":"2022-11-20T17:08:33","slug":"data-ownership-e-liberta-individuale-perche-svendere-la-propria-privacy-non-e-una-soluzione","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/eticadigitale.org\/2019\/11\/07\/data-ownership-e-liberta-individuale-perche-svendere-la-propria-privacy-non-e-una-soluzione\/","title":{"rendered":"Data Ownership e libert\u00e0 individuale: perch\u00e9 (s)vendere la propria privacy non \u00e8 una soluzione"},"content":{"rendered":"\n

Il business dei big data<\/em> \u00e8 enorme. Secondo l\u2019agenzia di cybersecurity dell\u2019Unione Europea, i dati personali su internet valgono all\u2019incirca 59 dollari a persona<\/a>. Questa \u00e8 soltanto una stima, calcolata in base alle entrate pubblicitarie online nel 2017 \u2013 in totale, oltre 200 miliardi di dollari. La frase \u201ci dati sono il nuovo petrolio\u201d \u00e8 forse fuori luogo, ma non troppo. In fondo, l\u2019espressione \u00e8 stata usata da personaggi del calibro di Meglena Kuneva (commissario europeo per i consumatori, nel 2009) e Peter Sondergaard (vice-presidente senior di Gartner, 2011). E, come con il petrolio, si sono create strutture di potere per l\u2019estrazione, elaborazione, e distribuzione dei dati personali.<\/p>\n\n\n\n

La materia prima non viene estratta da falde sotterranee in pozzi o pompe; e non \u00e8 nemmeno necessario invadere o fare pressione su paesi stranieri per avere accesso ai dati personali. La produzione di dati personali \u00e8 molto pi\u00f9 pacifica di quella del petrolio. Ma questa apparente stabilit\u00e0 \u00e8 a lungo servita a nascondere il vero costo che paghiamo. Solo di recente \u2013 per esempio, a seguito degli scandali di Facebook e Cambridge Analytica \u2013 si \u00e8 scoperto che il business dei dati personali non \u00e8 soltanto enorme, ma anche invasivo. Il costo delle pubblicit\u00e0 ad-hoc, dell\u2019intrattenimento personalizzato, addirittura del contatto con gli amici, \u00e8 la nostra privacy. Se Facebook \u00e8 gratuito, il motivo \u00e8 che il prodotto sei tu.<\/p>\n\n\n\n

Di recente, il problema della (mancanza di) privacy online si \u00e8 fatto pi\u00f9 pressante. Una soluzione interessante che \u00e8 stata proposta da varie parti \u2013 dalle start-up<\/em> alla politica, da musicisti ad imprenditori \u2013 \u00e8 il concetto di \u201cdata ownership<\/em>\u201d, cio\u00e8 di propriet\u00e0 dei dati. Nei termini pi\u00f9 semplici, il concetto di data owner<\/em>s<\/em>hip<\/em> si basa sull\u2019idea che se i dati personali hanno un valore cos\u00ec grande, allora sono le persone che generano tali dati a doverne beneficiare. Secondo il musicista ed imprenditore will.i.am, ricevere compenso per i propri dati personali \u00e8 un primo passo per ridurre il divario tra individui e \u201cmonarchi dei dati<\/a>\u201d<\/a>. Un’app ha gi\u00e0 iniziato ad offrire questa possibilit\u00e0 ai propri utenti. Killi vi offre la possibilit\u00e0 di guadagnare soldi se condividete i vostri dati personali<\/a>. Per ora i guadagni sono minimi, ma i creatori assicurano che ci\u00f2 cambier\u00e0 non appena pi\u00f9 aziende parteciperanno al progetto (per ora sono poche, e McDonald\u2019s \u00e8 l\u2019unica di rilievo). Per assurdo, fare da tramite nel business dei dati privati \u00e8 gi\u00e0 diventato un business a s\u00e9. Ma anche a livello politico, qualcosa si sta muovendo. Un senatore statunitense per la Lousiana, John Kennedy, ha proposto un \u201cOwn Your Own Data Act 2019<\/a>\u201d che prevede che gli utenti di servizi digitali \u2013 in particolare di social network \u2013 abbiano propriet\u00e0 esclusiva di, ed accesso diretto a, tutti i loro dati personali.<\/p>\n\n\n\n

L\u2019idea sembrerebbe interessante di per s\u00e9. Pu\u00f2 essere letta come volont\u00e0 di ridare agli individui un controllo pi\u00f9 diretto sui loro dati personali. Purtroppo, non si tratta di una vera soluzione. Il concetto di data ownership<\/em> si scontra nella realt\u00e0 con problemi sia pratici, sia concettuali.<\/p>\n\n\n\n

I dettagli delle proposte cambiano a seconda dei casi \u2013 alcune si limitano a richiedere che gli utenti possano scaricare i propri dati personali, altri prevedono compensi in denaro. Una proposta del governatore della California Gavin Newsome<\/a> prevede addirittura che i profitti dei big data vengano \u201credistribuiti tra gli utenti”. Ma esiste comunque un problema, e cio\u00e8 che i dati personali hanno un valore economico minimo per il proprietario. L\u2019utente singolo se ne fa poco dei propri dati personali \u2013 hanno valore soltanto per aziende che li analizzano o rivendono. Se non vendi i tuoi dati, insomma, sono inutili.<\/p>\n\n\n\n

Ci\u00f2 non solo significa che il prezzo dei dati potrebbe addirittura diminuire, portando il valore per individui al di sotto dei 59 dollari. Ma significa anche che non vendere i propri dati \u00e8 implicitamente scoraggiato. Se non hanno alcun valore economico se non in mano alle aziende, allora perch\u00e9 non vendere? Non \u00e8 ovviamente una decisione obbligata, e probabilmente nemmeno saggia, ma \u00e8 comunque verosimile.<\/p>\n\n\n\n

Inoltre, l\u2019idea di data ownership<\/em> non \u00e8 poi cos\u00ec rivoluzionaria. Almeno in Europa, la GDPR pu\u00f2 essere vista come un primo passo verso il controllo diretto dei dati personali da parte di chi li produce. Secondo la direttiva europea, infatti, \u00e8 importante assegnare un proprietario a tutti i dati personali. Ci\u00f2 garantisce responsabilit\u00e0, trasparenza, e qualit\u00e0 nel trattamento dei dati personali. Per la GDPR, non \u00e8 necessariamente il soggetto stesso ad essere il proprietario dei dati personali, ma in pratica \u00e8 spe<\/a>sso cos\u00ec<\/a>. Oltre a ci\u00f2, solitamente chi \u00e8 il soggetto di questi dati personali spesso ne \u00e8 gi\u00e0 il proprietario esplicito, non solo in Europa. Durante le sue udienze al senato statunitense, Mark Zuckerberg, AD di Facebook, ha pi\u00f9 volte ribadito che \u201cgli utenti sono i proprietari di tutti i loro contenuti<\/a>\u201d. Il problema, quindi, non \u00e8 tanto \u201cpossedere i dati,\u201d ma l\u2019autonomia nel decidere a chi venderli. Tuttavia, possiamo veramente decidere di \u201cvendere la nostra privacy\u201d?<\/p>\n\n\n\n

L\u2019idea di data ownership rischia di ridefinire il concetto di privacy, trasformando un problema politico-sociale in un problema economico. Se consideriamo la privacy un problema di distribuzione di beni e servizi nella societ\u00e0, allora redistribuire questa ricchezza pu\u00f2 essere una soluzione. Ma facendo cos\u00ec, la protezione dei dati personali cade \u2013 anche legalmente \u2013 nell\u2019ambito dei diritti di propriet\u00e0. Invece, la privacy \u00e8 una questione politica e sociale. Privacy \u00e8 anche libert\u00e0, nel senso di libert\u00e0 di agire liberamente senza essere sorvegliati. Come scrive Kevin Macnish, professore di etica e tecnologia dell\u2019informazione, ogni tipo di osservazione digitale \u2013 che sia per fini di sorveglianza, di anti-terrorismo, o per semplice pubblicit\u00e0 – deve essere giustificata (The ethics of surveillance: an introduction<\/em>).<\/em> In questi casi, \u00e8 sempre l\u2019osservatore ad avere l\u2019onere della prova. E questo perch\u00e9 il diritto alla privacy \u00e8 un diritto umano \u2013 come conferma anche la dichi<\/a>arazione universale dei diritti umani<\/a>.<\/p>\n\n\n\n

Se la privacy \u00e8 un diritto umano fondamentale, come lo \u00e8 la libert\u00e0, significa che \u00e8 anche inalienabile. John Stuart Mill scriveva nel 1859 che la libert\u00e0 \u00e8 un diritto fondamentale di ogni essere umano. Se consideriamo la privacy un diritto fondamentale, allora \u00e8 similmente inalienabile. Cos\u00ec come nessun uomo pu\u00f2 \u201cvendere la propria vita\u201d e rendersi schiavo, nessun uomo libero pu\u00f2 svendere la propria privacy. Perch\u00e9 in entrambi casi starebbe vendendo la sua libert\u00e0.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Quanto valgono i dati personali? Grezzi, poco e niente<\/p>\n","protected":false},"author":4,"featured_media":116,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":"","_share_on_mastodon":"1"},"categories":[3,67],"tags":[],"blocksy_meta":{"styles_descriptor":{"styles":{"desktop":"","tablet":"","mobile":""},"google_fonts":[],"version":6}},"share_on_mastodon":{"url":"","error":""},"_links":{"self":[{"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/115"}],"collection":[{"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/posts"}],"about":[{"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/types\/post"}],"author":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/users\/4"}],"replies":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/comments?post=115"}],"version-history":[{"count":1,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/115\/revisions"}],"predecessor-version":[{"id":1837,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/115\/revisions\/1837"}],"wp:featuredmedia":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/media\/116"}],"wp:attachment":[{"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/media?parent=115"}],"wp:term":[{"taxonomy":"category","embeddable":true,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/categories?post=115"},{"taxonomy":"post_tag","embeddable":true,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/tags?post=115"}],"curies":[{"name":"wp","href":"https:\/\/api.w.org\/{rel}","templated":true}]}}