{"id":143,"date":"2020-01-20T10:45:00","date_gmt":"2020-01-20T09:45:00","guid":{"rendered":"https:\/\/eticadigitale.org\/?p=143"},"modified":"2022-11-20T18:09:23","modified_gmt":"2022-11-20T17:09:23","slug":"xinjiang-e-tibet-del-digitale-e-di-prigioni","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/eticadigitale.org\/2020\/01\/20\/xinjiang-e-tibet-del-digitale-e-di-prigioni\/","title":{"rendered":"Xinjiang e Tibet: del digitale e di prigioni"},"content":{"rendered":"\n

Attenzione: questo articolo \u00e8 il secondo di una serie di 2, sull\u2019utilizzo della tecnologia in Cina. Qui la prima parte<\/a><\/em><\/p>\n\n\n\n

Ritornando a 1984<\/em> di George Orwell, quando si parla di questo romanzo si immagina subito una distopia dove la tecnologia \u00e8 usata per soggiogare le persone. Quello per\u00f2 che alcuni non realizzano \u00e8 che il succo del romanzo non \u00e8 la tecnologia, bens\u00ec il totalitarismo; i regimi che imponevano la loro verit\u00e0 con la forza e la paura, fossero essi il comunismo sovietico dei gulag o la Stasi della Germania di Hitler. Politiche che tramite <\/em>la tecnologia \u2013 strumento neutrale \u2013 non potevano che peggiorare.
Nell\u2019articolo precedente abbiamo parlato della situazione attuale in Cina, che abbiamo dimostrato essere appunto un regime: l\u2019errore che si pu\u00f2 fare \u00e8 pensare che questi comportamenti siano fenomeni degli ultimi anni, di un \u201cqualcosa\u201d andato storto; ed \u00e8 per questo che, se vogliamo parlare di Xinjiang e Tibet \u2013 le due regioni pi\u00f9 soggette a questa tortura tecnologica \u2013, c\u2019\u00e8 bisogno di partire dal principio.<\/p>\n\n\n\n

Tuffo nel passato<\/h4>\n\n\n\n

Lo Xinjiang \u00e8 una regione situata nel nord ovest della Cina e sede della minoranza etnica degli uiguri, popolo musulmano che viene dal khanato<\/a> turco e che fond\u00f2 in seguito un khanato tutto suo (744-840). Nel corso della loro storia furono a tratti alleati e nemici della dinastia cinese Tang, passando poi sotto Gengis Khan e infine sotto la dinastia cinese Qing (1760), dove il loro territorio fu annesso alla Cina e prese appunto il nome di Xinjiang. Seguirono ulteriori rivolte nel 1876, 1933 e 1944, che lo resero a tratti uno stato a s\u00e9 stante, almeno fino a quando, con l\u2019unificazione della Cina di Mao e la Rivoluzione Culturale cinese, non venne riassorbito come regione autonoma \u2013 dichiarata ufficialmente nel 1955. Qui furono infine istituiti i bingtuan<\/em>, organizzazioni paramilitari dove le truppe cinesi demilitarizzate ricevevano (e tuttora ricevono) vantaggi al diventare contadini.<\/p>\n\n\n\n

La storia conosciuta del Tibet inizia invece nel 620 con l\u2019imperatore Songsten Gampo. Dopo scontri con i gi\u00e0 citati uiguri e Tang, raggiunse l\u2019apice nel 780, per poi decadere e frammentarsi, diventando anch\u2019esso territorio mongolo (1240). Tra vari passaggi del testimone, anche il Tibet pass\u00f2 sotto la dinastia Qing (1720), finch\u00e9 nel 1910 l\u2019ufficiale Zhao Erfeng non depose il Dalai Lama, massima autorit\u00e0 religiosa e politica. Subito dopo la Cina si scus\u00f2 ritirando le sue truppe, e il Tibet dichiar\u00f2 l\u2019indipendenza finch\u00e9, anche qui, non arriv\u00f2 la Rivoluzione Culturale dove la Cina afferm\u00f2 la sua sovranit\u00e0 e offr\u00ec l\u2019autonomia alla regione (rifiutata dal Dalai Lama). Nel 1958 le due contestate<\/a> regioni di Kham e Amdo passarono definitivamente sotto la Cina, seguite dall\u2019arresto di 2000 monaci e l\u2019imposizione dell\u2019ideologia cinese che port\u00f2 nel 1959 alla ribellione del Tibet \u2013 soprattutto nella capitale Lhasa \u2013 e al conseguente ritiro dell\u2019offerta di autonomia. Nello stesso anno il Dalai Lama si rifugi\u00f2 in India, dando vita da allora a migliaia di migrazioni di monaci l\u2019anno.<\/p>\n\n\n\n

La situazione di queste due regioni oggi \u00e8 notevolmente cambiata, ed \u00e8 facile cadere trappola di narrazioni romanzate, distort<\/a>e<\/a> o demonificat<\/a>e<\/a>. Tuttavia, se si guarda a fondo, si noter\u00e0 che il minimo comune denominatore tra le due \u00e8 quello spirito da Rivoluzione Culturale, e che quello che sta succedendo \u201cora\u201d non \u00e8 che la medesima cosa supportata da una migliore tecnologia.<\/p>\n\n\n\n

Campi di concentramento ieri e oggi<\/h4>\n\n\n\n

Attualmente nello Xinjiang \u00e8 nota la presenza di campi \u201cdi rieducazione\u201d, pi\u00f9 simili a campi di concentramento, dove chi non concorda con l\u2019ideologia del Partito viene appunto rieducato. Questi campi non sono altro che la nuova versione dei laojiao<\/em><\/a>, campi di rieducazione tramite il lavoro creati nel 1949 e ispirati ai gulag<\/em> sovietici, per i piccoli crimini e per chi non condivide le stesse ideologie dello Stato. Sulla carta i laojiao<\/em> hanno cessato di esistere nel 2013, ma nella pratica hanno solo cambiato nome (come i loro fratelli laogai<\/em> per i criminali nel 1994, che han preso il nome di prigioni). Nonostante la Cina affermi che le persone entrino di loro spontanea volont\u00e0 in campi simili, video<\/a> di persone legate in ginocchio e bendate come se stessero per essere deportate mostrano una narrativa differente. Le dichiarazioni di persone fuggite da certe realt\u00e0 lasciano inoltre poco all\u2019immaginazione, come questa <\/a>insegnante<\/a> che afferma di come le donne venissero stuprate dalle guardie davanti agli altri prigionieri, costretti a guardare mentre sia loro che la donna dovevano rimanere in silenzio; o di stanze di tortura, di come debbano dormire tutti immobili sullo stesso fianco, e di come i musulmani siano costretti a mangiare maiale. Il tutto condito con inni di propaganda dalla mattina alla sera.
Storie simili vengono anche dal Tibet, dove nel 2005
una suora tibetana<\/a> fuggita attraverso l\u2019India affermava di essere stata stuprata e messa in campi di lavoro per via di venerare il Dalai Lama. Tuttavia, non si vuole paragonare questi ai campi di sterminio dell\u2019olocausto, o almeno non a livello fisico. L\u2019eliminazione della persona in questo caso \u2013 per quanto molte siano sparite nel nulla \u2013 sembra pi\u00f9 da Ministero dell\u2019Amore di Orwell, dove a morire \u00e8 l\u2019essenza <\/em>della persona in un indottrinamento violento ed estenuante.<\/p>\n\n\n\n

Andando a ritroso, gi\u00e0 nel 1992<\/a> Amnesty International denunciava le condizioni disumane con torture annesse dei campi di lavoro in Tibet, ritrovandoci quindi davanti a una situazione che non \u00e8 recente, ma semplicemente ignorata. Oggi, anzi, denunciare e indagare \u00e8 diventato quasi impossibile: dal 2016<\/a> le ONG devono venire approvate dal governo, chiunque provi a parlare male della Cina viene bandito (dal New York Times nel 2012 allo show Last Week Tonight di John Oliver nel 2018) e in Tibet l\u2019accesso a giornalisti e attivisti stranieri \u00e8 vietato dal 2008 a meno che non siano approvati dall\u2019Ufficio degli Affari Esteri cinese; tanto che l\u2019ultimo documentario non cinese sulla vita dei religiosi locali<\/a> risale a quell\u2019anno, ed \u00e8 stato girato di nascosto.<\/p>\n\n\n\n

Se dovessimo trovare un punto per l\u2019escalation, si dovrebbe partire proprio dal 10 marzo di quel 2008, dove, dopo anni di pressioni, violenze e imposizioni culturali che hanno giocato a stremare fisicamente e mentalmente i \u201cnon-cinesi\u201d, sono iniziate le rivolte. Era il 49esimo anniversario dall\u2019annessione del Tibet, e nella sua capitale Lhasa si riversarono migliaia di persone iniziando a distruggere e colpire tutti i non tibetani \u2013 stranieri esclusi \u2013 e le loro attivit\u00e0. Sedate le rivolte, la Cina rispose con un ispessimento dei controlli e delle frontiere (per chi voleva fuggire in India), blocco della rete internet e provvedimenti che ricalcarono la legge marziale.
Una cosa simile accade nello Xinjiang del 2009 con le
rivolte<\/a> nella sua capitale Urumqi dal 5 al 7 luglio, in seguito agli scontri nel Guangdong che provocarono due morti uiguri. Iniziata come manifestazione pacifica in cerca di risposte, \u00e8 terminata poi nella violenza, con persone incarcerate, fatte sparire e sei condanne a morte. Nella regione la tensione era gi\u00e0 palpabile da anni, solitamente a suon di accoltellamenti e bombe da parte di alcuni uiguri.

Questi due avvenimenti hanno offerto un ottimo pretesto alla Cina per usare ancora di pi\u00f9 il pugno di ferro nel corso degli anni, isolando queste realt\u00e0 dal mondo e bollandole come separatiste e\/o terroriste. Dal 2017 per esempio,
le barbe troppo lunghe<\/a> e i veli sono proibiti nello Xinjiang tanto quanto chiamare il proprio figlio Muhammad<\/a> o Medina. Il Dalai Lama invece \u00e8 considerato una figura politica separatista e farsi trovare con dei suoi scritti equivale al carcere. Per avere un\u2019idea migliore del concetto di libert\u00e0 attuale, nell\u2019ultima classifica<\/a> stilata da Freedom House (2019), quella del Tibet \u00e8 di 1 su 100, seconda solo al 0\/100 della Siria e superata persino dalla Corea del Nord (4\/100). Quella cinese 11\/100, al pari della Striscia di Gaza.
Di particolare rilievo \u00e8 infine la figura di
Chen Quanguo<\/a>, ex soldato e attuale segretario del Partito. Il suo maggior contributo \u00e8 stato l\u2019innovare la polizia prima nel Tibet \u2013 dove ha operato dal 2011 al 2016 \u2013 e poi nello Xinjiang \u2013 dal 2016 a ora. Il sistema di Chen Quanguo \u00e8 stato creare delle stazioni di polizia \u201cdi comodit\u00e0\u201d in queste due regioni e suddividere l\u2019amministrazione a griglie. Cos\u00ec facendo, la sorveglianza fisica \u00e8 gestita ogni 500 metri da uno stand della polizia, supportata a sua volta da telecamere e da quei poliziotti che, dal 2011 al 2016, hanno visto i reclutamenti pi\u00f9 che quadruplicarsi rispetto ai cinque anni precedenti.<\/p>\n\n\n\n

Tecnologia per sopprimere<\/h4>\n\n\n\n

Individuato il quadro storico e i minimi comuni denominatori, vediamo ora come la tecnologia sia stata adattata alla situazione.<\/p>\n\n\n\n

Partiamo dalla citt\u00e0 di Kashgar, nello Xinjiang. Grazie a un report sul campo<\/a> di BuzzFeedNews, veniamo a sapere di come la sorveglianza digitale sia a livelli sconcertanti: durante l\u2019attesa in uno dei tanti posti di blocco sparsi per la regione, la giornalista viene messa in una fila separata dagli uiguri. Questi vengono infatti sottoposti a scansione facciale per verificare la loro identit\u00e0, cosa che a lei non accade. Descrive poi le telecamere come \u201connipresenti\u201d e persino per fare benzina \u00e8 richiesta una scansione del volto. Non mancano poi i gi\u00e0 citati campi di concentramento, qui definiti \u201ccentri di educazione politica\u201d, che un tempo erano scuole, dove a detta di un locale le persone scompaiono. La citt\u00e0 infine funziona da \u201cpalestra digitale\u201d per le aziende tecnologiche che vogliono testare nuovi prodotti, come la compagnia pechinese Wanlihong e la sua scansione degli iridi; un aspetto, quello della palestra, che in verit\u00e0 si riscontra in tutto lo Xinjiang. Spostandoci infatti nella citt\u00e0 di Tumshuq<\/a>, le minoranze etniche musulmane sono soggetto di studio (forzato) di fenotipizzazione del DNA. In poche parole, analizzando il DNA, si tenta di ricostruire la faccia di un individuo. E risulta che tra l\u2019altro l\u2019Europa stia finanziando, consapevolmente o meno, questa ricerca.<\/p>\n\n\n\n

Tornando ai posti di blocco, per monitorare meglio gli spostamenti di queste minoranze, \u00e8 del 2017 la notizia dell\u2019installazione forzata dell\u2019app Jingwang<\/a> ai residenti: Jingwang ha il compito di spiare il contenuto dei telefoni (in gergo tecnico spyware<\/em>), che vengono poi appunto esaminati ai posti di blocco. Sempre del 2017 \u00e8 l\u2019obbligo di avere un tracciante GPS<\/a> installato nelle macchine di queste persone, collegato a un satellite cinese. Infine, come se non bastasse, codici QR<\/a> troneggiano di fianco alle porte d\u2019ingresso delle abitazioni uigure, contenendo informazioni personali sui suoi residenti che la polizia controlla regolarmente. Anzi, ricordate il discorso di come un coltello possa essere usato sia in maniera utile che in maniera dannosa? A quanto pare lo sanno anche i cinesi, dato che per prevenire hanno applicato un QR anche su quelli, per associarli ai proprietari (sono noti casi di accoltellamenti di rivolta come quelli del 2013 a Lukqun, forse in risposta all\u2019omicidio di un bambino uiguro a colpi di machete a Piqan).<\/p>\n\n\n\n

Spostandoci in Tibet le notizie sono pi\u00f9 scarne a causa dell\u2019ostacolo ai giornalisti, tuttavia sono noti casi di censura tramite l\u2019app di messaggistica cinese WeChat: uno studio<\/a> ha infatti rivelato come messaggi contenenti termini riguardanti una festivit\u00e0 buddhista non venissero recapitati. Un tibetano, poi, \u00e8 stato arrestato<\/a> proprio per aver creato un gruppo sul Dalai Lama sulla medesima app. Anche il numero dei monaci che emigrano<\/a> \u00e8 andato a calare a causa della sorveglianza ancora pi\u00f9 dura iniziata dopo la rivolta di Lhasa e intensificata dopo le limitazioni sui passaporti del 2012, dando via al fenomeno dell\u2019autoimmolazione come forma di protesta che ha causato ad oggi 156 <\/a>vittime<\/a>. Inoltre, per disincentivare ulteriormente dal rifugiarsi in altri stati, da fine 2018 sono stati dispiegati droni militari<\/a> a proteggere i confini sia di Tibet che dello Xinjiang, dotati di radar e con la capacit\u00e0 di carico di 12 missili l\u2019uno.<\/p>\n\n\n\n

Vie della seta<\/h4>\n\n\n\n

Nel 2014 il People\u2019s Daily, il pi\u00f9 diffuso quotidiano cinese, pubblicava un articolo<\/a> riguardo il pensiero del presidente Xi Jingping sullo Xinjiang: \u201c<\/em>i<\/em> punt<\/em>i<\/em> di partenza e di arrivo sono la promozione dell’equit\u00e0 sociale e della giustizia, e il miglioramento del benessere delle persone\u201d<\/em>, ripreso qualche riga dopo in \u201crealizzare il sogno cinese e dare maggiori contributi\u201d<\/em>. Risulta evidente come queste affermazioni non rispecchino la situazione attuale, sempre ovviamente se il sogno cinese non sia fare sparire lentamente etnie che non siano la Han (ovvero quella cinese pi\u00f9 diffusa) e la promozione della giustizia quella di non fare esistere voci discordanti. Tuttavia \u00e8 lecito ipotizzare un altro motivo per giustificare queste parole: la One Belt One Road, ovvero la nuova Via della Seta.<\/p>\n\n\n\n

In un post<\/a> del 2015 dell\u2019agenzia di stampa ufficiale cinese Xinhua, ora non pi\u00f9 reperibile se non grazie a una copia, lo Xinjiang veniva definita una regione essenziale per la nuova Via della Seta. La regione, che possiede \u00bc dei confini terrestri cinesi, per l\u2019esattezza quelli che affacciano di pi\u00f9 verso l\u2019Europa, \u201csi impegnerebbe a diventare un centro di comunicazioni, commercio, cultura, finanza e <\/em>di <\/em>cure mediche lungo la Via\u201d<\/em>. In altre parole, la regione ha un ampio interesse geopolitico, ed \u00e8 necessario che rimanga in ordine per continuare il progetto espansionistico della Cina. Considerate le condizioni attuali, un maggiore ordine \u00e8 probabilmente ottenibile solo tramite una maggiore repressione.<\/p>\n\n\n\n

Parlando di nuove Vie della Seta, l\u2019Italia \u00e8 stata il primo <\/a>e <\/a>unico<\/a> paese G7<\/a> ad entrare nel tal progetto, il 23 marzo 2019. Il firmatario nonch\u00e9 Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio ha affermato<\/a> che con la Cina \u201cquesto rapporto vogliamo rafforzarlo e uno dei percorsi per farlo \u00e8 sicuramente la <\/em>Belt and Road Initiative<\/em><\/strong>. Un progetto di sviluppo di cui noi vogliamo essere protagonisti\u201d<\/em>. Nella stessa giornata sono stati inoltre firmati molteplici contratti<\/a> di collaborazione per un totale di 2.5 miliardi di euro: tra i nomi troviamo Intesa San Paolo, ENI e Ferrovie dello Stato.<\/p>\n\n\n\n

Conclusioni e riflessioni<\/h4>\n\n\n\n

Non pensiamo ci sia davvero molto da aggiungere sulla Cina: dati i suoi livelli di sorveglianza, se tenete alla vostra privacy vi possiamo solo consigliare di stare alla larga da qualsiasi prodotto tecnologico delle loro compagnie (e da Skype), sia esso un\u2019app come WeChat o TikTok, o un telefono come Huawei o Xiaomi. E questo a prescindere dal fatto che ci siano prove o meno su quel determinato prodotto, in quanto \u00e8 il contesto in s\u00e9 a essere compromesso. Poi, beh, \u201cvotate col vostro portafoglio\u201d direbbe qualche utente sulla rete, anche se trovare qualcosa che non sia Made in China \u00e8 ormai un\u2019impresa e che gli sweatshop cinesi<\/a> come quelli di Prato che sono teoricamente<\/em> Made in Italy sono una realt\u00e0. Oppure ancora incazzatevi, parlatene, ritrovatevi, protestate, approfondite, contattate organizzazioni che si impegnano da anni sul tema come Amnesty International e Human Rights Watch; oppure no, per carit\u00e0: quello che vi sentite. Tuttavia, se c\u2019\u00e8 una cosa alla quale proprio vorremmo invitarvi, \u00e8 quella di restare umani. Non lasciate che certe storie siano l\u2019ennesima foto del bimbo morto<\/a> su qualche costa in grado di smuovere per qualche minuto il vostro disgusto, per poi scordarsene dopo una settimana. Perch\u00e9 alla fine anche in questa storia abbiamo foto di morti<\/a>, come ce n\u2019erano gi\u00e0 nel 1989, ma non si dovrebbe arrivare a un cadavere con la testa esplosa da un fucile per motivare. Il cadavere dovrebbe far piangere.<\/p>\n\n\n\n

Per quanto riguarda l\u2019Italia invece, si sembra tristemente non venir meno a quell\u2019idea di popolino che venderebbe pure la propria madre pur di sentirsi importante. Mentre il resto dell\u2019Europa lavora a una Via della Seta alternativa con Australia e Giappone, noi abbiamo barattato la crescita con l’umanit\u00e0. Paradossale assoggettarsi a certi Paesi e ai suoi campi di tortura, quando poi si urla \u201cmai pi\u00f9\u201d durante la Giornata della Memoria e si prendono le difese della Senatrice Liliana Segre. I musulmani, i tibetani e i cittadini cinesi stessi sono di serie B? La tortura di milioni di persone \u00e8 giustificata se abbiamo un guadagno? Perch\u00e9 in mesi di proteste a Hong Kong, per esempio, non abbiamo sentito accenni a niente di tutto ci\u00f2 provenire dai mezzi d\u2019informazione, eppure va avanti da decenni.<\/p>\n\n\n\n

C\u2019\u00e8, infine, chi potrebbe ritenere questo articolo politico: tuttavia, se prendere le difese degli abitanti di un\u2019intera nazione \u2013 perch\u00e9 si ricorda che, per quanto la situazione nello Xinjiang e Tibet sia pi\u00f9 grave, neanche i normali cinesi possono vivere una vita normale \u2013 da strumenti di sorveglianza, propaganda e tortura \u00e8 politico, e non invece umano, forse qualcosa \u00e8 andato storto dentro di noi. E che forse, \u00e8 il momento di smettere di alienarsi.<\/p>\n\n\n\n


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I campi di concentramento esistono ancora, solo pi\u00f9 moderni: si chiamano laojiao e sono in Cina<\/p>\n","protected":false},"author":4,"featured_media":144,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":"","_share_on_mastodon":"1"},"categories":[67,7],"tags":[16,18,36,48,52,53,54,56],"blocksy_meta":[],"share_on_mastodon":{"url":"","error":""},"_links":{"self":[{"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/143"}],"collection":[{"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/posts"}],"about":[{"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/types\/post"}],"author":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/users\/4"}],"replies":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/comments?post=143"}],"version-history":[{"count":1,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/143\/revisions"}],"predecessor-version":[{"id":1840,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/143\/revisions\/1840"}],"wp:featuredmedia":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/media\/144"}],"wp:attachment":[{"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/media?parent=143"}],"wp:term":[{"taxonomy":"category","embeddable":true,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/categories?post=143"},{"taxonomy":"post_tag","embeddable":true,"href":"https:\/\/eticadigitale.org\/wp-json\/wp\/v2\/tags?post=143"}],"curies":[{"name":"wp","href":"https:\/\/api.w.org\/{rel}","templated":true}]}}