{"id":2810,"date":"2023-06-01T11:00:00","date_gmt":"2023-06-01T09:00:00","guid":{"rendered":"https:\/\/eticadigitale.org\/?p=2810"},"modified":"2023-07-26T13:05:59","modified_gmt":"2023-07-26T11:05:59","slug":"se-non-lo-puoi-riparare-non-e-tuo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/eticadigitale.org\/2023\/06\/01\/se-non-lo-puoi-riparare-non-e-tuo\/","title":{"rendered":"“Se non lo puoi riparare, non \u00e8 tuo”"},"content":{"rendered":"\n

Secondo <\/a>un <\/a>rapport<\/a>o dell\u2019International Telecommunication Union<\/a>, nel 2019 c’\u00e8 stato un record di 53.6 milioni di tonnellate di prodotti elettronici scartati, ma solo il 17.4% di questi dispone di documentazione che attesta un corretto riciclo. Un’infografica dello stesso anno, presente sul sito del Parlamento Europeo<\/a>, riporta che mediamente in Europa meno del 40% dei prodotti elettronici vengono correttamente riciclati, e per quanto riguarda computer e telefoni, si scende al 14%.<\/p>\n\n\n\n

Per quanto si potrebbe sicuramente fare di pi\u00f9 per incrementare queste percentuali, \u00e8 tuttavia importante sottolineare che non si pu\u00f2 riciclare all\u2019infinito. Da un punto di vista ambientale, infatti, i<\/a>l dispositivo <\/a>pi\u00f9 ecologico \u00e8 quello che gi\u00e0 si possiede<\/a> \u2013 senza contare lo sfruttamento di terre rare con i dannosi processi estrattivi<\/a> e rischi geopolitici<\/a> che ci\u00f2 comporta.<\/p>\n\n\n\n

\u00c8 per questo e altri motivi che nasce il diritto alla riparazione: un movimento volto a rimuovere le barriere che impediscono alle persone di riparare e modificare i propri dispositivi.<\/p>\n\n\n\n

\u00c8 infatti difficile credere che un\u2019auto sia davvero nostra quando, per esempio, per avere accesso a tutte le sue funzionalit\u00e0 bisogna pagare un abbonamento mensile. O che, nonostante un collasso climatico alle porte, si possano ancora giustificare prodotti progettati per diventare obsoleti prima del tempo (la famosa obsolescenza programmata<\/a>), generando maggiori rifiuti pur di far soldi. I prodotti diventano sempre pi\u00f9 complessi, e questa complessit\u00e0 viene sfruttata dagli industriali a danno delle persone, limitando loro la possibilit\u00e0 di intervento sui prodotti acquistati.<\/p>\n\n\n\n

Gli agricoltori statunitensi contro John Deere per il diritto alla riparazione<\/strong><\/h3>\n\n\n\n
\"\"<\/figure>\n\n\n\n

Quando parliamo di diritto alla riparazione \u00e8 bene sottolineare che non ci si riferisce solo a telefoni o portatili, bens\u00ec a qualsiasi prodotto tecnologico; trattori inclusi.<\/p>\n\n\n\n

John Deere \u00e8 una delle principali aziende produttrici di macchine agricole, famosa per le sue feroci pratiche antiriparazione, e che ha spinto molti agricoltori a diventare attivisti per <\/a>la causa<\/a>. Il controllo che pu\u00f2 esercitare l\u2019azienda sui propri macchinari \u00e8 infatti notevole, se si considera, tra le tante, che \u00e8 riuscita a disabilitarli da remoto<\/a> durante la guerra in Ucraina.<\/p>\n\n\n\n

Quando un trattore deve essere riparato, gli agricoltori devono chiamare un tecnico specializzato della John Deere, che potrebbe metterci giorni, settimane, per intervenire, oppure addirittura rifiutarsi di assisterli<\/a> (se non sono clienti abbastanza redditizi). Viene da s\u00e9 che avere dei mezzi fuori uso in un lavoro stagionale come quello degli agricoltori pu\u00f2 provocare ingenti sprechi e perdite economiche.<\/p>\n\n\n\n

Alle compagnie tuttavia non sembra molto tangere la cosa, in quanto sostengono che firmando l’EULA (un contratto tra il fornitore e l’utente finale), gli agricoltori non possiedono i trattori <\/a>ma ottengono solo un’abilitazione per utilizzarli. \u00c8 solo in data 8 gennaio di quest\u2019anno che quest\u2019ultimi, dopo anni di lotta, sono riusciti ad ottenere dei risultati: facendo appello alla American Farm Bureau Federation per fare pressione su John Deere, si \u00e8 arrivato a firmare un accordo di intenti<\/a> in cui l’azienda si impegna a rendere i propri macchinari riparabili anche da officine di riparazione indipendenti.<\/p>\n\n\n\n

Software proprietario e software libero<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

Il software che gira su queste macchine diventa poi uno strumento per limitare o eliminare la propriet\u00e0 personale degli individui, in quanto, essendo proprietario (offuscato e di propriet\u00e0 dell\u2019azienda), non permette di apportare modifiche fai da te.<\/p>\n\n\n\n

Per questo motivo, anche la Free Software Foundation si \u00e8 interessata<\/a> recentemente al diritto alla riparazione. L’introduzione di software proprietario all’interno di elettrodomestici ha infatti un prezzo: per quanti anni il produttore \u00e8 disposto a fornire aggiornamenti di sicurezza? Se il software resta proprietario, diventa impossibile riparare i modelli pi\u00f9 vecchi che non sono pi\u00f9 supportati, obbligando le persone a comprare un nuovo dispositivo (cosa successa anche agli agricoltori sopracitati con i trattori).<\/p>\n\n\n\n

Adottando invece software libero<\/a>, la comunit\u00e0 pu\u00f2 continuare a studiare e aggiornare il codice il pi\u00f9 a lungo possibile, correggendo eventuali vulnerabilit\u00e0<\/a>, anche quando il fornitore non \u00e8 pi\u00f9 disposto a fornire aggiornamenti di sicurezza. Grazie a questo si pu\u00f2 aumentare la sostenibilit\u00e0 e la vita media senza sacrificare la programmabilit\u00e0 e le funzionalit\u00e0 pi\u00f9 innovative.<\/p>\n\n\n\n

Le richieste del movimento per il diritto alla riparazione<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

Elencati i problemi principali, \u00e8 necessario ora capire cosa tale movimento richiede. Prima di tutto, una progettazione ecosostenibile<\/strong>: i dispositivi dovrebbero essere progettati per essere riparabili, modificabili e potenziabili. Per esempio, tutti noi abbiamo dei telefoni in mano a cui molto probabilmente non si pu\u00f2 cambiare facilmente la batteria o lo schermo. Non appena questi mostrano segni di deterioramento, siamo incentivati a cambiare dispositivo, al posto di sostituirli o farli sostituire.<\/p>\n\n\n\n

Poi, l\u2019eliminazione degli sbarramenti alla riparazione<\/strong>: spesso le aziende adottano scelte di design che rendono difficile o impossibile riparare i dispositivi. Per esempio, sostituendo un componente dell\u2019iPhone, questo indica che ci sono parti \u201cnon genuine\u201d e che potrebbero non funzionare correttamente. Ci\u00f2 crea stress e diffidenza tra gli utenti nei confronti di chi ripara, spingendoli a comprare nuovi dispositivi e suggerendo che l\u2019unica cosa sicura sia riacquistare l\u2019intero telefono. Questa pratica rientra in quella pi\u00f9 ampia della \u201cas<\/a>sociazione dei componenti<\/a>\u201d documentata da Right to Repair Europe. Ovvero quando un componente viene associato con un codice univoco al dispositivo in questione, in modo tale che a separare l\u2019uno dall\u2019altro il dispositivo si rifiuter\u00e0 di funzionare correttamente (a meno che non sia il produttore stessso a riassociare il nuovo componente).<\/p>\n\n\n\n


La terza richiesta \u00e8 che la riparazione deve essere alla portata di chiunque<\/strong>: per avere una
riparazione popolare<\/a>, bisogna far s\u00ec che aggiustare un dispositivo non costi di pi\u00f9 che comprarne uno nuovo. Molti di noi probabilmente si sono trovati nella situazione in cui, portare un telefono in assistenza \u00e8 considerato troppo costoso rispetto all’acquisto di un nuovo dispositivo.<\/p>\n\n\n\n

La spinta \u00e8 in generale quella di creare un mercato competitivo della riparazione, con pezzi di ricambio di terze parti o di seconda mano, e con prezzi aventi un criterio (seguendo un indice apposito).<\/p>\n\n\n\n

Al proposito, alcuni Stati membri dell’Unione Europea hanno sperimentato delle misure finanziarie<\/a> come incentivo: Germania e Austria hanno provato un bonus di riparazione che prevede un rimborso del 50% fino a 100 euro quando si porta ad aggiustare un prodotto. La Francia invece ha lanciato un fondo di riparazione per alcuni dispositivi, ricavato dalle tasse pagate dai produttori. In ultimo, la Svezia ha proposto una detassazione sui servizi di riparazione.<\/p>\n\n\n\n

L\u2019ultima richiesta \u00e8 che le persone devono essere informate<\/strong>: \u00e8 fondamentale, in altre parole, essere in grado di sapere se il proprio dispositivo pu\u00f2 essere riparato, come ripararlo, quanto costa e il tempo di vita previsto prima che diventi obsoleto.<\/p>\n\n\n\n

La<\/a> Francia<\/a> ha per esempio imposto ai produttori di alcuni dispositivi elettronici, tra cui telefoni e portatili, di mostrare un indice di riparabilit\u00e0, ispirato a quello usato dall\u2019azienda di riparatori indipendenti iFixit<\/a>. Tra i criteri stabiliti, c’\u00e8 la disponibilit\u00e0 di documentazione tecnica, la facilit\u00e0 di smontaggio, il prezzo e la disponibilit\u00e0 dei pezzi di ricambio.<\/p>\n\n\n\n

Le argomentazioni dei lobbisti antiriparazione<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

Generalmente la risposta<\/a> da parte dei lobbisti \u00e8 mista: da un lato viene accettata la necessit\u00e0 di una maggior trasparenza e di puntare a una progettazione ecosostenibile, tuttavia preferiscono una riparazione fatta dai produttori e non dai consumatori (come Digital Europe, gruppo di interesse di vari colossi tecnologici, che sostiene<\/a> che i centri di riparazione sarebbero gi\u00e0 stati ottimizzati per essere efficienti e per minimizzare l’impatto ecologico).<\/p>\n\n\n\n

Uno degli argomenti usati per contrastare il diritto alla riparazione \u00e8 quello della sicurezza delle persone, durante e dopo la riparazione di un prodotto. Ma se le aziende fossero davvero preoccupate dei pericoli che possono presentarsi durante la riparazione, questi dovrebbero essere noti in modo trasparente<\/a> al pubblico. Ovvero dovrebbero fornire delle “istruzioni di sicurezza” per la riparazione, cos\u00ec che chiunque si cimenti sia consapevole dei rischi.<\/p>\n\n\n\n

Le multinazionali raccontano anche di  presunti rischi di sicurezza informatica, che tuttavia non convincono gli esperti. Secondo questi<\/a>, al giorno d’oggi, gi\u00e0 senza diritto alla riparazione si riscontra un’epidemia di attacchi informatici che avvengono per cause complesse e perlopi\u00f9 senza che gli attaccanti abbiano informazioni fornite dal produttore. In altre parole, il diritto alla riparazione non renderebbe i dispositivi che usiamo tutti i giorni meno sicuri di quanto non lo siano gi\u00e0.<\/p>\n\n\n\n

Cosa fare<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

La cosa pi\u00f9 importante \u00e8 sicuramente spargere la voce<\/strong>: nonostante l\u2019Unione Europea stia facendo passi avanti<\/a>, questi non sono sufficienti<\/a>. Senza una pressione dal basso c’\u00e8 il rischio che la politica si stagni senza implementare un vero diritto alla riparazione. Come visto nell’esempio di Digital Europe, le multinazionali tecnologiche si impegnano attivamente nel lobbismo per salvaguardare i propri profitti, anche a discapito del pianeta: per questo \u00e8 necessario un coinvolgimento di attivisti, collettivi e comunit\u00e0 per sostenere queste e altre politiche ambientali.<\/p>\n\n\n\n

Il diritto alla riparazione \u00e8 all’intersezione tra giustizia digitale e ambientale: unisce le classiche lotte per i programmi e la componentistica libe<\/a>re<\/a>, con la necessit\u00e0 di un cambio di paradigma per affrontare la crisi climatica. E la riparazione comunitaria \u00e8 una delle pratiche di cui abbiamo bisogno.<\/p>\n\n\n\n

A proposito di questa, esistono organizzazioni locali chiamate repair caf\u00e9, <\/em>\u201criparacaff\u00e8\u201d. Nei quali, persone volontarie offrono aiuto e conoscenze per riparare oggetti guasti e sistemare malfunzionamenti, promuovendo la cultura del riuso e dell\u2019economia circolare. Potete trovarne una mappa qui: https:\/\/www.restartersitalia.it\/mappa-dei-restarters-e-dei-repair-cafe-italiani\/<\/a><\/p>\n\n\n\n

Infine, nonostante la maggior parte della responsabilit\u00e0 verta sulle aziende, \u00e8 comunque opportuno ricordare che anche il singolo individuo pu\u00f2 fare la sua piccola parte: comprare usato o ricondizionato \u00e8 meglio che comprare nuovo. Se si vuole comunque optare per quest\u2019ultima opzione, meglio finanziare le aziende come Fairphone<\/a>, che vende cellulari e auricolari facili da smontare e riparare, costruiti tramite processi di produzione<\/a> antisfruttamento e rispettosi dei diritti umani. O, se dovesse risultare troppo oneroso per le proprie tasche, si pu\u00f2 optare per prodotti che hanno un voto di riparabilit\u00e0 alto: https:\/\/www.ifixit.com\/Right-to-Repair\/Repairable-Products<\/a><\/p>\n\n\n\n

Per concludere con le parole<\/a> della giornalista Rebecca Solnit, \u201cper fare ci\u00f2 che la crisi climatica ci chiede, dobbiamo trovare delle alternative di un futuro vivibile, di potere al popolo\u201d. E cos\u2019\u00e8 il diritto alla riparazione se non un\u2019alternativa per un futuro vivibile e che d\u00e0 potere alle persone e alle comunit\u00e0?<\/p>\n\n\n\n

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Un’introduzione al movimento per il diritto alla riparazione<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":2828,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":"","_share_on_mastodon":"1"},"categories":[3,67],"tags":[118,113,47],"blocksy_meta":{"has_hero_section":"enabled","hero_section":"type-2","pageTitleFontColor":{"default":{"color":"var(--theme-palette-color-5)"}},"pageMetaFontColor":{"default":{"color":"var(--theme-palette-color-5)"},"hover":{"color":"CT_CSS_SKIP_RULEDEFAULT"}},"pageTitleOverlay":{"background_type":"color","background_pattern":"type-1","background_image":{"attachment_id":null,"x":0,"y":0},"gradient":"linear-gradient(135deg,rgba(6,147,227,1) 0%,rgb(155,81,224) 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