{"id":404,"date":"2020-08-09T11:48:10","date_gmt":"2020-08-09T09:48:10","guid":{"rendered":"https:\/\/eticadigitale.org\/?p=404"},"modified":"2022-11-20T18:10:16","modified_gmt":"2022-11-20T17:10:16","slug":"sorvegliare-e-punire","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/eticadigitale.org\/2020\/08\/09\/sorvegliare-e-punire\/","title":{"rendered":"Sorvegliare \u00e8 punire"},"content":{"rendered":"\n

Nel suo saggio filosofico L\u2019attentato<\/em>, Manfred Schneider ripercorre il corso della storia per dare la definizione di \u201cattentatore\u201d, ma soprattutto per definire cosa sia la paranoia. Passando per personaggi come Giulio Cesare, Caligola, Napoleone, Nietzsche e Kennedy, il filosofo tedesco delinea le caratteristiche dell\u2019attentatore occidentale, che siano le guardie che cercano di accoltellare un imperatore o un kamikaze dei giorni nostri.
L\u2019attentatore, dice Schneider, \u00e8 un lupo solitario che, sentendosi impotente, combatte la sua crociata in solitudine. Il suo bersaglio non \u00e8 tanto una persona specifica in quanto persona, bens\u00ec in quanto potere che essa rappresenta: Lincoln come simbolo di opposizione all\u2019indipendenza sudista, Marat come personificazione della Legge dei sospetti francese del 1793, Warhol come simbolo della societ\u00e0 patriarcale.<\/p>\n\n\n\n

Dato che l\u2019attentatore sa di essere molto piccolo rispetto al potere che vuole combattere, egli punta pi\u00f9 sul lasciare un ricordo di s\u00e9 nella speranza che altri possano destarsi e abbracciare la causa \u2013 o, in altre parole, punta a farsi martire. Questa cosa era risaputa gi\u00e0 al tempo dei romani, e difatti la lex iulia <\/em>aveva lo scopo di farne da deterrente. Essa, la lex iulia<\/em>, era una legge che oltre a condannare gli attentatori, si assicurava anche di cancellarli dalla storia. Strappava loro, insomma, la speranza di essere ricordati. Al contrario, gli imperatori e i sovrani \u2013 che dovevano essere ricordati \u2013 e i nobili \u2013 che volevano<\/em> essere ricordati \u2013sono giunti a noi tramite gli scritti e le immagini: statue e dipinti di s\u00e9, citt\u00e0 col proprio nome, monete col loro volto, palazzi a loro dedicati, odi, torri, mausolei; tutto in nome di un segno indelebile nella storia. Chi aveva il potere, in altre parole, poteva permettersi di rimanere nelle memorie dell\u2019uomo.<\/p>\n\n\n\n

Se ci si pensa bene, oggi l\u2019essere umano non \u00e8 poi cos\u00ec diverso da quello di un tempo. Grattacieli, loghi, filantropia, sono sempre un modo per attestare potere e\/o un ricordo di s\u00e9. C\u2019\u00e8 una cosa, tuttavia, che non \u00e8 rimasta la stessa: gli strumenti a disposizione.
Le immagini, infatti, non sono pi\u00f9 solo in mano ai potenti, perch\u00e9 moltissime persone al giorno d\u2019oggi dispongono di una connessione internet, di un telefono, di un computer. Le immagini sono ora nelle mani di tutti, e alcune di esse stanno cambiando il mondo. Si pensi ad esempio alle proteste in America, a quei poliziotti che sono stati licenziati grazie a video girati da comuni cittadini che testimoniavano i loro abusi, o a chi rischia la vita andando in zone di guerra per mostrarne gli orrori. Questi strumenti, dunque, hanno progressivamente ridistribuito il potere in mano ai pi\u00f9, evitando di sentire solo la campana di chi ha maggiore influenza (anche se questo fenomeno non \u00e8 affatto debellato).<\/p>\n\n\n\n

Tra i pi\u00f9, tuttavia, vi rientrano anche individui come appunto i terroristi, ed \u00e8 qui che il discorso inizia a diventare una lama a doppio taglio. Perch\u00e9 se si considera la societ\u00e0 odierna come una \u201csociet\u00e0 del baccano\u201d, dove chi fa pi\u00f9 rumore riceve pi\u00f9 attenzioni \u2013 distaccandosi dal costante brusio di sottofondo \u2013 i telegiornali, programmi televisivi e internet non diventano che una cassa di risonanza per gli attentatori, dando loro esattamente ci\u00f2 che pi\u00f9 desiderano: attenzioni. Registrare e caricare un video \u00e8 infatti estremamente facile, avere un diario da condividere online anche, senza contare chi le stragi le ha raccontate facendo dirette su internet. Un esempio \u00e8 il massacro islamofobo nelle due moschee di Christchurch, Nuova Zelanda, che nel 2019 vide la brutalit\u00e0 di un uomo uccidere 51 persone, sparando sulla folla, accanendosi sui feriti per eseguirli, e passando sui loro corpi mentre ascoltava canzoni. Il tutto in diretta Facebook.
Altri attentatori odierni hanno invece sfruttato le immagini alle quali siamo abituati \u2013 per l\u2019esattezza quelle da film Hollywoodiano \u2013 per raccontare le loro crociate come se fosse il grande schermo. Primi fra tutti i membri dell\u2019ISIS, che tra le sue file vantava appunto ex produttori cinematografici per rendere il proprio messaggio pi\u00f9 avvincente.<\/p>\n\n\n\n

Ha senso, quindi, in questi casi, ristabilire una lex iulia<\/em>?Se l\u2019attentatore vuole attenzioni, che gli si stacchi la spina e che si finga che non esista: prima o poi smetter\u00e0. Tuttavia \u00e8 ingenuo pensare che una cosa del genere accada oggi, dove i social come Facebook fanno spallucce alle dichiarazioni di un presidente che incita alla violenza, e dove \u201cderesponsabilizzazione\u201d sembra la parola pi\u00f9 adatta a definire il mercato e il nostro stile di vita. Ma a prescindere da ci\u00f2, una nuova lex iulia<\/em> non dovrebbe essere la risposta, perch\u00e9 non farebbe che fingere che il problema non esiste: se questi fenomeni ci sono, \u00e8 dovere che se ne parli e che si rifletta sul perch\u00e9<\/em> ci sono. Altrimenti, con la stessa logica si potrebbe evitare di parlare dell\u2019Olocausto, della caccia alle streghe e di qualsiasi altro aspetto che abbia infuso terrore e morte nella storia dell\u2019uomo.
Cosa fare dunque?<\/p>\n\n\n\n

Ritornando alle immagini, Schneider mette ben in chiaro il ruolo dell\u2019attentatore, definendolo \u201cuna variabile casuale come risposta al controllo\u201d: quello che fa il terrorista, in altre parole, \u00e8 ricordare al mondo che il controllo assoluto non esiste e che, pur nella sua impotenza, \u00e8 in grado di dimostrarlo \u2013 che sia facendosi saltare in aria o accoltellando civili per strada. Quando quindi lo Stato promette una maggior sicurezza nazionale con una sorveglianza pi\u00f9 attiva, paradossalmente non sta che carburando un possibile attentatore nel dimostrare che quel controllo non esiste. Nello specifico, quando lo Stato decide di installare pi\u00f9 telecamere per il medesimo motivo, non sta che ampliando il palcoscenico del terrore. Questo perch\u00e9, in primo luogo, non sono di certo le telecamere a fermare una persona che, immersa nella paranoia, vuole seminare caos per dimostrare di non essere impotente. E perch\u00e9, in secondo luogo, le telecamere hanno in generale un impatto psicologico sulle persone, in quanto veicolano l\u2019idea che bisogni sempre stare all\u2019erta. Paradossalmente, questo fa il gioco del terrorista, dacch\u00e9 veicola lo stesso identico messaggio: dove avverr\u00e0 il proprio attacco? dall\u2019altra parte del mondo o sotto casa propria? E quando?
Quella che si ottiene \u00e8 dunque una spirale angosciante e senza fine, che il sociologo francese Baudrillard ben riassunse parlando dell\u2019attentato alle Torri Gemelle: \u201cSon loro che l\u2019hanno fatto, ma noi che l\u2019abbiamo voluto\u201d. Il filosofo italiano Galimberti infatti, fa notare come questa repressione tramite la sorveglianza sia pericolosa tanto quanto il terrorismo, perch\u00e9 ci porta a diventare una societ\u00e0 diffidente e fondamentalista; non una societ\u00e0 che si basa sui perch\u00e9 <\/em>e sull\u2019esercizio della ragione, che indaga le cause con umanit\u00e0 per evitare che si ripetano, bens\u00ec una societ\u00e0 egocentrica che si guarda costantemente alle spalle, che pensa di essere nel giusto e che debba proteggersi dal \u201cnemico\u201d, chiunque esso sia. Tuttavia, il mondo \u00e8 molto pi\u00f9 complicato di cos\u00ec. Come esercizio di empatia, ci si potrebbe infatti chiedere cosa pensarono i libici quando Hillary Clinton raccont\u00f2 l\u2019omicidio di Gheddafi con \u201csiamo andati, abbiamo visto [la situazione], ed \u00e8 morto\u201d sghignazzando di gusto, cosa pensava il Vietnam quando l\u2019America fece piovere napalm rovente su chi non concordasse con loro, o gli africani che a causa del colonialismo europeo sono stati separati dalle loro trib\u00f9 per essere messi con altre a loro nemiche in stati tracciati col righello; o ancora chi si \u00e8 ritrovato coinvolto nelle guerre per il petrolio in Medio Oriente. La concezione di terroristi, per queste persone, \u00e8 molto diversa dalla nostra.<\/p>\n\n\n\n

Al posto di innalzare barriere e punire tutti con della sorveglianza di massa \u2013 che a sua volta punisce psicologicamente, che spinge a sorvegliare di pi\u00f9, che punisce psicologicamente, e via all\u2019infinito \u2013 forse si dovrebbe tornare ai perch\u00e9 di questi gesti. Per quanto riguarda gli attentati, Schneider ci dice che la maggior parte degli attentatori sono maschi che puntano a un nuovo potere o all\u2019anarchia, mentre la pi\u00f9 piccola controparte femminile punta a un ideale di pace. Tracciandone un profilo psicologico, il filo conduttore dell\u2019attentatore occidentale pare essere la mancanza di una figura paterna come punto di riferimento, che porta pi\u00f9 facilmente l\u2019individuo alla paranoia nella ricerca di una costante nella sua vita. Semplificando il discorso, la mancanza di affetto in una societ\u00e0 con radici patriarcali contribuisce a generare attentatori e morte.<\/p>\n\n\n\n

Per quanto riguarda i terroristi che vengono \u201cdall\u2019esterno\u201d, non \u00e8 un segreto che lo stile di vita dell\u2019Occidente sia responsabile della povert\u00e0 e della sofferenza del mondo (basti vedere gli esempi citati precedentemente). In un mondo ideale e dotato di empatia, si potrebbe ovviare con non troppa difficolt\u00e0 a questi problemi, ma l\u2019astrazione, l\u2019avarizia e la legge della giungla legittimate dal mercato tendono invece a farci fare spallucce perch\u00e9 \u201cnon dipende da me\u201d, mai. Sempre per citare Galimberti, in questo caso il terrorismo quindi non \u00e8 che un gesto di disperazione di un senza voce, schiacciato dallo sfruttamento per la ricchezza di qualcun altro, nonch\u00e9 dalle enormi diseguaglianze economiche che regolano il pianeta.<\/p>\n\n\n\n

Riassumendo: pi\u00f9 affetto, comprensione dell\u2019altro e meno sfruttamento portano a un minor numero di attentati. Al contrario, una sorveglianza sempre pi\u00f9 stringente a difesa di una diseguaglianza sempre pi\u00f9 marcata non fa che peggiorare l\u2019angoscia, la sofferenza e i morti sul lungo corso. Ancora una volta, dunque, non \u00e8 la tecnologia la risposta ai nostri problemi. Non \u00e8 da cercare \u201cl\u00e0 fuori\u201d, in qualche soluzione rapida e indolore che ci permetter\u00e0 in men che non si dica di tornare alle nostre vite frenetiche. La risposta, per quanto banale, \u00e8 dentro di noi. E richiede tempo, sforzi, responsabilit\u00e0. Sta a noi, alla fine, decidere come vogliamo essere e che tipo di mondo vogliamo lasciare a chi verr\u00e0. Non alle cose.<\/p>\n\n\n\n


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