{"id":93,"date":"2019-10-05T22:16:00","date_gmt":"2019-10-05T20:16:00","guid":{"rendered":"https:\/\/eticadigitale.org\/?p=93"},"modified":"2022-11-20T18:07:58","modified_gmt":"2022-11-20T17:07:58","slug":"chi-guarda-i-guardiani-tutti","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/eticadigitale.org\/2019\/10\/05\/chi-guarda-i-guardiani-tutti\/","title":{"rendered":"Chi guarda i guardiani? Tutti"},"content":{"rendered":"\n

Avete mai fatto caso a quante telecamere incrociate in media ogni giorno? Sul bus, sulle strade, nelle scuole, negli uffici, nei parchi, nella tromba delle scale. Potreste per esempio pensare che siano necessarie, perch\u00e9 rendono la citt\u00e0 pi\u00f9 sicura. Ma cosa succede quando la telecamera e la sua sicurezza diventano accessibili a tutti? Cosa succede se, per esempio in un negozio, sono gli altri a monitorare a insaputa il negoziante e i clienti? Succede che si finisce su insecam.org<\/a>, il sito contenente pi\u00f9 di 9000 telecamere \u201cviolate\u201d sparse per il mondo; messe a disposizione di tutti.<\/p>\n\n\n\n

\u201cHacker\u201d uno dir\u00e0. Ed \u00e8 qui che si sbaglia: le telecamere non sono state hackerate. Le telecamere, tutte connesse a internet, semplicemente non hanno una password. E qualcuno le ha trovate. Per capirci: se non metteste una password al telefono e qualcuno si facesse gli affari vostri, non ha violato nessun sistema informatico. Perch\u00e9 non c\u2019era niente da violare.<\/p>\n\n\n\n

L\u2019Italia \u00e8 il terzo paese per telecamere non protette (~900), seguito da Giappone (~1900) e Stati Uniti (~4000). Questo \u00e8 conseguenza di un\u2019ignoranza tecnologica nel nostro paese. E chiariamo, non vale solo per le telecamere, perch\u00e9 potremmo fare una corposa lista su sistemi informatici discutibili, in primis i computer che girano con Windows XP (che non ha pi\u00f9 l\u2019assistenza) nelle sedi comunali e provinciali sparse per l\u2019Italia. Quei computer che maneggiano dati di milioni di cittadini, per intenderci, con personale spesso inconsapevole dei rischi. E non \u00e8 neanche problema di soldi per le licenze, dato che sistemi informatici completamente gratuiti e molto pi\u00f9 personalizzabili esistono da decenni (Linux).<\/p>\n\n\n\n

Su Insecam troviamo di ogni: telecamere in dei bar, in pompe di benzina, persino dentro a degli appartamenti. E rintracciare qualcuno diventa un gioco da ragazzi: si pu\u00f2 per esempio prendere la targa del malcapitato in una pompa di benzina, identificare il proprietario tramite Visura e il gioco \u00e8 fatto. Qual \u00e8, tuttavia, il problema di fondo di tutto ci\u00f2? Certo, le password, ma quelle sono la conseguenza dell\u2019ignoranza di chi la telecamera la installa o di chi se la fa installare. La domanda \u00e8, cosa ci porta a correre ai ripari installando sempre pi\u00f9 telecamere? Qual \u00e8 il vero pericolo?<\/p>\n\n\n\n

A livello di rischi per la nostra incolumit\u00e0, siamo ai minimi storici di reati perpetrati e non vediamo un attacco terroristico dal 2009<\/a>. E non era un attentato di matrice islamica, bens\u00ec anarchica contro la Bocconi di Milano<\/a>. Paradossalmente, siamo cos\u00ec senza ritegno da farci gli \u201cattentati\u201d da soli: come il petardo in Piazza San Carlo a Torino durante la Champions<\/a> con pi\u00f9 di 1500 feriti o lo spray al peperoncino in discoteca a Corinaldo<\/a> che caus\u00f2 6 morti. Eppure, nonostante questi minimi storici, la percezione di pericolo aumenta. Un articolo di The Vision<\/a> indaga i canali d’informazione, facendo notare che \u201ci telegiornali italiani trattano la cronaca nera pi\u00f9 del triplo rispetto ai colleghi britannici e spagnoli\u201d. A peggiorare il tutto, \u201csecondo lo studio Piaac<\/a>, in Italia il 28% della popolazione adulta \u00e8 \u201cincapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella societ\u00e0, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialit\u00e0\u201d\u201d. E questo fenomeno non \u00e8 recente, perch\u00e9 anche nel 2010 la solfa era la medesima<\/a>. Uno studio dell’American Economic Review<\/a> sottolinea invece come Mediaset abbia favorito i populismi attuali tramite una povert\u00e0 di pensiero, indotta da programmi molto all’insegna dell’intrattenimento e poco a quello della conoscenza.<\/p>\n\n\n\n

Se il sonno della ragione genera mostri, tramutare l’ignoranza in paura \u00e8 dunque il prossimo passo. Ma per farlo, bisogna prima separare ulteriormente le persone: e questo non \u00e8 stato opera di un telegiornale, di un politico, di un santone o chicchessia. Questo \u00e8 semplicemente successo. Per l’esattezza stiamo parlando di quando internet \u00e8 arrivato alle masse, quando nerd ha smesso di essere sinonimo di sfigato, e quando i nostri genitori da totali eretici tecnologici hanno iniziato a giostrarsi ogni giorno tra i vari social, Facebook in primis. Essere isolati non era pi\u00f9 un fenomeno di nicchia di qualche ragazzino con i brufoli, essere isolati era il <\/em>fenomeno. E a rincarare la dose ci hanno pensato proprio quegli strumenti di uso quotidiano sul nostro cellulare come Google e il gi\u00e0 citato Facebook, imparando a conoscerci meglio e spacciandoci realt\u00e0 soggettive nelle nostre home come realt\u00e0 oggettive. Polarizzati, nelle nostre gi\u00e0 ignoranti convinzioni.<\/p>\n\n\n\n

Una volta che la costante per socializzare era diventata l’isolarsi dagli altri per entrare nello schermo del nostro telefono, la strada per chi voleva influenzarci \u00e8 stata semplice: in tutto il mondo sono arrivate agende politiche che hanno dipinto il prossimo come un criminale (nord, sud, est, ovest, la regione confinante, il vostro vicino, poco cambia), che hanno strumentalizzato bambini<\/a> per far leva sugli istinti pi\u00f9 primordiali, e che, al posto di discutere a fondo il problema, hanno iniziato ad abbattere il dialogo edificando muri. Ma questo, attenzione, \u00e8 successo perch\u00e9 i primi ad abbattere il dialogo ed edificare muri eravamo noi, proprio dai nostri cellulari. Noi, e l’ingenuit\u00e0 verso le grandi corporazioni che, considerate quasi buone amiche, volevano alla fin fine solo capitalizzare di pi\u00f9.<\/p>\n\n\n\n

Ed ecco che questo barricarsi, risultato di un mantra apocalittico propinato quotidianamente, si converte poi dal macro al micro: non mi fido \u201cdegli altri\u201d, guardo con sospetto chi mi si siede di fianco, voglio che mio figlio sia sempre monitorato. Ed ecco che allora le telecamere per ogni dove ci fanno sentire pi\u00f9 sicuri, perch\u00e9 qualcuno (che non \u00e8 una divinit\u00e0, bens\u00ec un impiegato della sicurezza o un algoritmo che fa il lavoro per lui) veglia su di me, o sulle persone a cui tengo di pi\u00f9. Non abbiamo tempo di valutare davvero i pro e i contro, perch\u00e9 quando si \u00e8 impauriti non si pensa. Se vediamo 8 telecamere su un bus, semplicemente non ci pensiamo, pensiamo sia normale. Ci autoconvinciamo che siano sistemi inviolabili, che nessuno potrebbe mai pensare di usarli per suoi scopi personali. Perch\u00e9 senn\u00f2 le nostre illusioni crollerebbero come castelli di carta, e le paure ci soffocherebbero ulteriormente. Devono<\/em> essere la soluzione giusta.<\/p>\n\n\n\n

Il problema di queste sicurezze, come spiega Galimberti nel suo \u201cI miti del nostro tempo\u201d, \u00e8 che diventano una spirale ossessiva, dove non siamo mai abbastanza<\/em> al sicuro. E man mano che barattiamo libert\u00e0 e felicit\u00e0 per un po’ pi\u00f9 di sicurezza, il senso di solitudine e diffidenza si fanno sempre pi\u00f9 largo nella nostra psiche; e cos\u00ec ci attanagliano, in un ciclo senza fine. Che, prima ancora del decantato terrorismo, ci\u00f2 che ci uccider\u00e0 sar\u00e0 proprio quella diffidenza.<\/p>\n\n\n\n

In questo caso ad ucciderci potrebbe essere l\u2019angoscia: abbiamo appena visto un sito che dimostra come l\u2019incompetenza possa mettere a rischio milioni di persone in tutto il mondo. In questa spirale ossessiva potremmo quindi pensare \u201cchi mi assicura che le telecamere dei luoghi che frequento ogni giorno non siano state bucate? Il fatto che non siano pubblicate online, non vuol dire che non sia possibile bucarle\u201d. \u00c8 per questo che non vogliamo scrivere un articolo tecnico, nessuna guida su come rendere la tua telecamera pi\u00f9 sicura (che pu\u00f2 comunque portare al pensiero ossessivo \u201cma \u00e8 abbastanza<\/em> sicura?\u201d). Anche perch\u00e9 ci ha gi\u00e0 pensato l\u2019ultimo numero di Hacker Journal<\/a>, il mensile sul mondo dell\u2019hacking che ha dedicato la copertina proprio alle telecamere connesse a internet.<\/p>\n\n\n\n

Quello invece sul quale vorremmo far riflettere \u00e8 il rovescio della medaglia. Ovvero di come, ormai succubi della tecnologia tanto da sembrare fanatici religiosi, siamo diventati pi\u00f9 fragili. Come per\u00f2 delegare a Dio non salvava dalle carestie, delegare alla tecnologia non ci salver\u00e0 dai problemi del mondo, che siano fisici o del nostro animo. Siamo noi umani, col pensiero critico, col metterci in discussione, con un utilizzo corretto degli strumenti, che possiamo risolvere quei problemi. Come ovviamente possiamo anche crearne di nuovi con un uso sbagliato. Basta pensare a una calcolatrice: \u00e8 molto utile per fare calcoli con grandi numeri, ma diventa dannosa se data ai bambini per fare le verifiche di matematica; perch\u00e9 il cervello non apprende a fare i calcoli, perch\u00e9 delega alla macchina. E cosa stiamo delegando noi alla macchina se non la nostra libert\u00e0 per l’idea di una sicurezza indotta da un analfabetismo funzionale di fondo, paure mediatiche, algoritmi insensibili e agende politiche?<\/p>\n\n\n\n

Finch\u00e9 non porteremo questi argomenti nelle discussioni di ogni giorno, finch\u00e9 continueremo a far finta che sia tutto rosa e fiori e per il nostro bene, che stati come la Cina e gli Stati Uniti non stiano sfruttando proprio strumenti come le telecamere per monitorare i loro stessi cittadini (come il Sistema di Credito Sociale cinese<\/a> per stabilire cosa sia giusto e cosa no, o le falle delle smart TV sfruttate nel 2017 dalla CIA<\/a> per spiare la gente nelle proprie case), allora tutto questo servir\u00e0 a poco. E le ansie si impossesseranno sempre pi\u00f9 di noi. E acquisteremo l\u2019ennesimo apparecchio smart connesso a internet e dotato di microfono per sentirci al passo coi tempi, incuranti dei rischi che pu\u00f2 portare. Fin quando almeno quell\u2019apparecchio non risulter\u00e0 bucabile (e nulla \u00e8 sicuro al 100%), o l\u2019azienda che l\u2019ha prodotto non risulter\u00e0 invischiata in piani di sorveglianza (come Amazon <\/a>e la sua compagnia Ring<\/a>). Sempre, ovviamente, se la notizia raggiunger\u00e0 i canali d’informazione (che abbiamo visto s\u00ec marciare sulle disgrazie, ma che su quelle tecnologiche fanno spesso orecchie da mercante) e se non saremo ormai gi\u00e0 cos\u00ec dipendenti, giustificandoci con: \u201cma non ho nulla da nascondere\u201d. Dimenticandoci che non sono i nostri \u201csegreti\u201d a essere rivelati, ma la nostra dignit\u00e0 ad essere spogliata, le nostre sfaccettature che diventano un semplice numero agli occhi di un\u2019intelligenza artificiale, un freddo omino su uno schermo ignaro di essere monitorato. Che diventa un noioso passatempo di pochi, o in questo caso di tutti.<\/p>\n\n\n\n

Cosa fare quindi? Intanto, se riconoscete uno dei posti elencati (citt\u00e0 in ordine alfabetico<\/a>) e sono luoghi appartenenti a privati, fatelo presente al proprietario e ditegli di mettere perlomeno una password se vuole tenere la telecamera. In alternativa, fatelo presente alle forze dell\u2019ordine.<\/p>\n\n\n\n

Sul lungo corso, invece, provate a riflettere su come vi sentireste se ci foste voi (ed \u00e8 probabile che ci siate finiti) o una persona per voi importante dall\u2019altro lato. Cosa provereste a diventare voi<\/em> il freddo omino senza valore, dimenticabile ma sempre tracciabile, diventato un numero? Vedere voi e i vostri cari spogliati del lato umano, diventare intrattenimento come un film muto per chi, per cosa? Per proteggere cosa esattamente, da chi, perch\u00e9? Quale il guadagno e quale il prezzo?<\/p>\n\n\n\n

Se vogliamo capire queste cose, dobbiamo tornare, per il nostro bene, a parlare e parlarne <\/em>con le persone. Ma non attraverso uno schermo, col rischio di ricadere vittime degli stessi algoritmi che ci hanno separato, bens\u00ec faccia a faccia. Perch\u00e9 alla fine della giornata non sar\u00e0 un\u2019assistente vocale a farci stare meglio e non sar\u00e0 mettersi su un piedistallo circondati da follower a farci sentire meno soli, perch\u00e9 gli unici sul piedistallo saremo comunque sempre e solo noi. Non sar\u00e0 dell\u2019ironia sotto forma di meme a frenare la depressione in aumento, e non sar\u00e0 il chiudersi in casa in un harem di telecamere, col rischio che si tramuti in una diretta pubblica, a farci sentire pi\u00f9 sicuri. Forse pu\u00f2 sembrare una lista di problemi a caso, ma basta indagare un po\u2019 a fondo per trovare nell\u2019isolamento, lo stesso discusso poc’anzi, il minimo comune denominatore.<\/p>\n\n\n\n

Proviamo invece, per esempio, a contare quante telecamere incrociamo nella nostra routine. Chiediamoci se siano tutte necessarie, quale sia la loro funzione. Iniziamo a considerare meno lo strumento nelle nostre tasche, a scordarci a piccoli passi dell’impero digitale che occupa quasi met\u00e0 delle nostre singole giornate. A ricordarci che una voce l’abbiamo, che cambiare si pu\u00f2, e che non richiede una petizione online per farlo. E soprattutto, parliamone. Cos\u00ec, forse, ritorneremo a mettere la testa fuori dal guscio.<\/p>\n\n\n\n


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