🇵🇭 Etichettatura rossa: lo strumento di repressione digitale nelle Filippine

In uno degli ultimi rapporti di Amnesty International, gli ultimi due governi filippini (Duterte e Marcos Jr.) risultano aver reso la rete un’arma di disinformazione e repressione nei confronti di chi non si allinea alla linea governativa.

La tecnica più utilizzata è quella della “etichettatura rossa”, ovvero bollare chi protesta come appartenente a una forza armata locale comunista nota come Nuovo Esercito del Popolo. L’etichettatura viene fatta diffondendo foto e nomi delle persone scomode (generalmente giovani) sui social, nonostante non ci siano elementi che provino la loro appartenenza alla forza armata. Solo nei primi 6 mesi del 2024, i casi ufficialmente registrati sono stati 450, ma quantificare quelli non segnalati è pressoché impossibile. Donne, comunità LGBT e minoranze indigene del Paese sono le fasce più colpite.

L’etichettatura rossa è possibile anche grazie alla legge antiterrorismo del 2020, che ha dato allo Stato molte più libertà. Queste, tra le varie, hanno portato ad arresti arbitrari, sparizioni e accuse senza prove – in un Paese dove il peso che viene dato alla vita è già alquanto precario.

L’impatto per chi protesta per i diritti è devastante: la paura di essere messe alla gogna, tra stigma sociale e possibili arresti, porta le persone a pensarci due volte prima di fare attivismo. Chi decide di mantenere la testa alta non è invece raro che soffra di patologie come disturbo da stress post-traumatico e depressione, a causa di quello che deve sopportare mentalmente ogni giorno.

Le piattaforme digitali non prendono poi contromisure sufficienti: Facebook è il social più utilizzato nelle Filippine, fondamentale per la vita di tutti i giorni, e molte delle etichettature avvengono qui – a volte addirittura tramite inserzioni pagate. Per quanto Facebook abbia ammesso che c’è un problema di etichettatura rossa e che abbia assicurato di aver impiegato delle misure per mitigarne l’effetto, si rifiuta di fornire i dati di tali misure per valutarne l’impatto.

La moderazione di Facebook rimane infatti perlopiù automatizzata e delle 170 lingue parlate nelle Filippine, ha un personale (non meglio quantificato) in grado di comprenderne solo 2. Gruppi di attivisti denunciano una situazione identica ad anni fa, dove è molto facile evadere i controlli: un annuncio pubblicitario con etichettatura alquanto esplicita, pagato circa 2€, è riuscito ad arrivare a 6-7.000 persone. L’azienda, come in altri casi, non sembra prendere abbastanza sul serio ciò che sta succedendo.

https://www.amnesty.org/en/documents/asa35/8574/2024/en/