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🤳 Tuttɜ conoscono la nostra posizione: rintracciare se stessɜ attraverso gli annunci nelle app

Ogni volta che un’app mobile si prepara a mostrare un annuncio, si scatena un’asta rapidissima per decidere quale pubblicità specifica apparirà sullo schermo. Per fare ciò, i dati del proprio dispositivo vengono inviati a decine di aziende che partecipano all’asta: anche se si vede solo l’annuncio vincente, tutti quelli partecipanti ricevono informazioni dettagliate riguardo al dispositivo e a chi lo possiede/utilizza.

Un esperimento ha rivelato quante aziende accedono a queste informazioni, con quale livello di dettaglio (alto), e quanto siano incredibilmente inefficaci le funzionalità “protettive” dei dispositivi per evitare il tracciamento.

Al caricare annunci, il telefono dello sperimentatore ha inviato diverse richieste contenenti la posizione esatta e il suo indirizzo IP, permettendo di localizzarlo senza grandi sforzi. Questo permette alle agenzie pubblicitarie di avere un potere enorme, informazioni che di norma si pagherebbero a caro prezzo: una banca dati contenente informazioni su milioni di persone costa circa 10-15 mila dollari.

Curiosità: i dati degli europei risultano tra i più costosi al mondo. Tuttavia, ora sappiamo esattamente dove sono stati raccolti i nostri dati di localizzazione e dove potremmo comprarli.

https://timsh.org/tracking-myself-down-through-in-app-ads/

🇵🇸 Le compagnie tecnologiche che rendono possibile il genocidio in Palestina

I dati che seguono sono riportati dall’ultimo rapporto ONU inerente la situazione a Gaza e in Cisgiordania. Il documento tratta di vari ambiti (agroalimentare, finanziario ecc), tuttavia ci si concentrerà sui temi inerenti al canale.

👉 Microsoft: attiva in Israele dal 1991, vi ha fondato la sua sede estera più grande. Fornisce tecnologie all’esercito israeliano dal 2003, acquista piccole imprese di cibersicurezza del Paese e i suoi servizi sono impiegati in vari aspetti della società israeliana, incluse le colonie. Da dopo l’attacco del 7 ottobre fornisce all’esercito l’infrastruttura cloud e IA tramite la sua piattaforma Azure. (Aggiungiamo noi) Il procuratore capo della Corte Penale Internazionale ha lamentato come, dopo le sanzioni statunitensi a suo carico, sia stato tagliato fuori dal suo indirizzo di posta Microsoft¹.

👉 Google e Amazon: nel 2021 hanno ricevuto un contratto da 1,2 miliardi di dollari per dar vita al Progetto Nimbus – un servizio per fornire l’infrastruttura tecnologica al Paese con servizi di archiviazione ed elaborazione in cloud. Nel 2024 una colonnella israeliana ha definito il Progetto Nimbus e Microsoft delle verie e proprie armi di supporto per l’esercito.

👉 IBM: dal 2019 si occupa della banca dati centrale dell’Autorità per la Popolazione e l’Immigrazione israeliana. Fornisce al governo le tecnologie per collezionare, immagazzinare e usare i dati biometrici del popolo palestinese. Prima di IBM, vi era HP Enterprises.

👉 HP: per anni ha fornito le tecnologie a quegli organi che hanno attuato l’apartheid in Palestina. Dal 2015, con la separazione in HP Enterprises e HP Inc, la creazione di una struttura aziendale opaca ha reso difficile dire quanto e come la compagnia sia ancora coinvolta.

👉 Palantir: ha espanso il suo supporto dopo il 7 ottobre. Non è irragionevole credere che fornisca all’esercito servizi di polizia predittiva, strutture per sviluppare e impiegare più rapidamente software militare, e IA per prendere scelte automatizzate sul campo di battaglia.

A questa lista vogliamo aggiungere:

👉 Meta: da anni ovatta le critiche verso Israele², tratta con due pesi due misure Israele e Palestina³, o banalmente Ucraina e Palestina.

Senza tali infrastrutture digitali, le politiche di sterminio non sarebbero attuabili a questa velocità. Le compagnie che continuano a collaborare con l’esercito israeliano, per il diritto internazionale, possono infatti essere accusate di crimini di apartheid e genocidio, occupazione, e violazione dell’autodeterminazione di un popolo.

https://www.ohchr.org/en/documents/country-reports/ahrc5923-economy-occupation-economy-genocide-report-special-rapporteur

🇮🇹 Digitalizzare INPS, Inail e Istat sembra essere stato solo un immenso spreco di soldi

La società 3-i spa nasceva con l’idea di unificare le competenze informatiche di INPS, Inail e Istat sotto un unico tetto. Un progetto ambizioso, pensato per creare una società pubblica dedicata allo sviluppo software per modernizzare la pubblica amministrazione, in linea con gli obiettivi del PNRR e lanciato durante il governo Draghi.

L’entusiasmo iniziale si è però presto scontrato con rallentamenti operativi e mancate decisioni politiche. In tre anni, la società è rimasta poco più di un guscio vuoto, con più amministratori e sindaci che dipendenti (quattro presidenti, più un direttore generale). Sopravvive solo grazie a dinamiche politiche e veti incrociati.

Ogni tentativo di darle una direzione concreta è finora fallito. L’unica grande novità è il cambio di nome, da 3-i spa a Indata Pa spa. Una modifica solo formale, che non cambia lo stato delle cose e che si aggiunge alla già frammentata e inefficiente gestione dell’informatica pubblica. Anche perché, ad oggi, nemmeno all’interno del governo è chiaro chi ne abbia davvero la responsabilità.

https://lespresso.it/c/politica/2025/4/22/3-i-spa-solo-presidenti-indata-pa-inail-istat-inps/53807

🤖 L’automazione non ci ha reso liberɜ dal lavoro, né dallo sfruttamento

Nel dibattito su automazione e intelligenza artificiale si sente spesso parlare di “sostituzione dei lavoratori”, ma il vero effetto è un lavoro più duro e peggio retribuito.

Jason Resnikoff, professore di Storia contemporanea all’Università di Groninga, smonta il mito dell’automazione come liberazione: le macchine non eliminano il lavoro umano, lo intensificano.
Il motivo? Le macchine frammentano i lavori qualificati per sfruttare manodopera meno costosa, accelerano i ritmi produttivi e camuffano l’esternalizzazione del lavoro verso paesi a basso salario.
In realtà, quindi, tecnologia e manodopera a basso costo camminano mano nella mano per massimizzare i profitti, non il benessere.

Resnikoff critica il termine “automazione” come copertura ideologica: una scusa per peggiorare le condizioni di lavoro e aumentare il controllo. Il mito del progresso tecnologico come destino inevitabile è utile solo alle aziende.

Il professore propone non utopie robotiche, ma politiche reali: sindacati forti, stato sociale robusto, servizi pubblici accessibili. Il reddito universale non basta: serve uno stato sociale che garantisca dignità, indipendentemente dal lavoro.

https://www.guerredirete.it/lautomazione-non-ci-ha-reso-liberi-dal-lavoro-e-dallo-sfruttamento/

🕵️ Il Regno Unito vuole prevedere i crimini con l’intelligenza artificiale

Il Ministero della Giustizia britannico sta sviluppando un algoritmo per identificare individui “a rischio” attraverso l’analisi di dati personali provenienti da polizia, tribunali, vittime e anche cittadinɜ che hanno chiesto aiuto, alla ricerca di segnali predittivi di comportamenti violenti.

Il progetto, Predictive Risk Assessment Initiative (PRAI), ne sostituisce un precedente (OASys) che aveva dato risultati deludenti nella stima del rischio di recidiva. Il sistema utilizza dati di varia natura, dal nome al sesso, data di nascita, con informazioni sanitarie, tra cui disturbi mentali, dipendenze, fino ad arrivare episodi di autolesionismo.

Statewatch UK, ONG che si occupa di libertà civili, diritti umani e standard democratici, ha sollevato forti preoccupazioni in quanto vengono analizzate anche persone senza precedenti penali, rischiando di trasformare innocenti in sospettɜ.

https://www.theguardian.com/uk-news/2025/apr/10/predictive-policing-has-prejudice-built-in