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🇮🇳 Portatili Frankenstein: come in India si sta ridando vita ai vecchi dispositivi

Piccole officine in India hanno dato vita ai “portatili Frankenstein”, portatili composti dalle parti riciclate di vecchi dispositivi. Il costo di un frankenstein si aggira attorno ai €100, 8 volte in meno rispetto al prezzo medio di un portatile nuovo: in India tale divario può far la differenza nel poter continuare a permettersi un corso di studi, senza contare che il riuso delle parti di dispositivi contribuisce a diminuire i rifiuti elettronici.

Le aziende che producono tali dispositivi, tuttavia, tentano in ogni modo di rendere i loro prodotti irriparabili, così da forzare l’acquisto dell’ultimo arrivato e complicare la vita a chi tenta di ripararli. L’uso di viti personalizzate e lo scarso accesso ai pezzi di ricambio sono alcune dellle strategie impiegate (abbiamo parlato del diritto alla riparazione qui).

Inoltre, per ottenere parti riciclate bisogna rovistare tra i rifiuti ed entrare in contatto con elementi come piombo, mercurio e cadmio, tossici per la salute. Se venissero impiegate protezioni adeguate questo non sarebbe un problema, ma in un Paese dove a rovistare sono anche minorenni, le protezioni non sono all’ordine del giorno. “Tossisco molto”, ammette un diciottenne. “Ma che ci posso fare? Questo lavoro dà da mangiare alla mia famiglia”.

https://www.theverge.com/tech/639126/india-frankenstein-laptops

👨‍⚖️ Produttrice di router sconfitta in tribunale: il trionfo dei diritti digitali dellɜ utenti

Qualche mese fa, una causa legale in Germania contro AVM, produttrice dei router Fritz!Box, si è conclusa con successo. Il tribunale ha stabilito che l’azienda ha violato il permesso d’autore, ignorando l’obbligo di fornire il codice sorgente di parti del router.

Il permesso d’autore è un metodo legale che garantisce all’utenza delle libertà che invece il diritto d’autore (o copyright) non concede – come per esempio il diritto di ridistribuire un’opera. Il router in questione utilizzava componenti fatti da persone esterne che, da licenza, dovevano essere ricondivisi, ma che l’azienda ha tenuto parzialmente per sé.

Infatti, dopo aver acquistato un router AVM nel maggio 2021 e aver richiesto il codice sotto permesso d’autore, un acquirente ha ricevuto solo parti di questo; ciò l’ha spinto nel 2023 a intentare una causa contro l’azienda, che a distanza di qualche mese ha fornito il codice corretto. La sentenza arrivata qualche mese dopo ha poi imposto ad AVM di coprire le spese legali del querelante, con l’azienda che ha deciso di non appellarsi.

Si presuppone infine (i documenti legali tedeschi non sono del tutto pubblici) che AVM abbia acconsentito a fornire non solo il codice, ma anche le istruzioni per utilizzarlo. A oggi, tuttavia, tali istruzioni non sono pervenute.

https://sfconservancy.org/news/2025/jan/09/avm-copyleft-lawsuit-resolved-with-install/

🌎 Negli USA raccolgono e analizzano dati degli immigrati dai social tramite software

L’ICE (Immigration and Customs Enforcement), l’agenzia federale statunitense per il controllo dell’immigrazione, sta utilizzando il software SocialNet, sviluppato dalla società ShadowDragon, per raccogliere e analizzare dati da oltre 200 siti web, tra cui social media, servizi di pagamento e piattaforme di nicchia.

Questa pratica, spesso basata sull’estrazione automatizzata di dati da siti web, evidenzia i rischi sulla privacy e legati ai bias algoritmici.
L’inclusione di piattaforme destinate a comunità specifiche, come Black Planet o FetLife, espone al rischio che informazioni sensibili vengano decontestualizzate, con potenziali ripercussioni sulla libertà di espressione e sulla sicurezza degli utenti.
Parallelamente, le aziende digitali stanno prendendo posizione contro il fenomeno dell’estrazione di dati non autorizzata: realtà come Meta e Chess.com hanno già manifestato la loro opposizione, sottolineando come la raccolta indiscriminata di dati violi i termini di servizio delle piattaforme causandogli un danno economico.

Oltre agli aspetti etici, emergono anche dubbi sull’efficacia di questi strumenti.
La possibilità di generare falsi positivi potrebbe compromettere la credibilità delle indagini, mentre la destinazione di ingenti risorse alla sorveglianza digitale potrebbe distogliere l’attenzione da altre attività investigative più mirate.
A livello normativo, il dibattito è ancora aperto: se da un lato la sicurezza nazionale viene spesso utilizzata come giustificazione, dall’altro risulta sempre più urgente una regolamentazione chiara che garantisca trasparenza e tutela dei diritti individuali.

https://www.404media.co/the-200-sites-an-ice-surveillance-contractor-is-monitoring

💔 Le grandi aziende tecnologiche hanno rotto il contratto sociale

Le grandi aziende tecnologiche non sono mai state semplici fornitrici di dispositivi o servizi, ma veri e propri imperi digitali che esercitano un controllo significativo sulla nostra vita quotidiana. Decidono come trascorriamo il tempo, come lavoriamo e persino come comunichiamo. Giganti tecnologici, che ora resistono a qualsiasi tentativo di limitarne l’influenza.

Quando si accettano i loro termini di servizio, documenti complessi e pieni di gergo legale che richiedono ore per essere letti, ci si ritrova di fatto vincolatɜ a condizioni inique. L’Unione Europea, su questo fronte, ha cercato di tutelare lɜ cittadinɜ con il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (RGPD, o GDPR), ma queste aziende continuano a imporre le proprie visioni: accettarle diventa l’unica opzione per accedere ai loro servizi, pena l’esclusione. Internet, nato come spazio di libertà, si è trasformato nel loro dominio privato, dove le loro norme prevalgono sulle leggi nazionali.

In tutto questo, il nostro rapporto con la tecnologia è cambiato radicalmente. Non si possiede più granché: si paga per accedere a servizi che un tempo si sarebbero acquistati definitivamente. Netflix ha sostituito i DVD, gli abbonamenti a Office hanno rimpiazzato i programmi installati sui computer e persino gli elettrodomestici si stanno trasformando in servizi a noleggio. Non si tratta solo di una questione economica, ma di un cambiamento che ridefinisce lo stile di vita.

Le conseguenze di queste dinamiche sono ormai evidenti.
Airbnb contribuisce all’aumento dei prezzi degli affitti nelle città, mentre Uber precarizza il lavoro dellɜ conducenti. Amazon soffoca il commercio locale imponendo condizioni di lavoro discutibili. Google determina ciò che si può trovare online, mentre Meta trasforma le relazioni sociali in prodotti per inserzionistɜ. Apple vincola al suo ecosistema chiuso, TikTok compromette la capacità di concentrazione e Twitter X dimostra la fragilità della libertà di espressione nel mondo digitale.

https://basedfob.substack.com/p/big-tech-has-disrupted-the-social

🎮 Il divieto di pubblicità nei giochi su Steam

Steam, nota piattaforma digitale di distribuzione e gestione di videogiochi, ha aggiornato la documentazione per sviluppatori con una nuova sezione dedicata alla pubblicità. Il documento chiarisce la posizione dell’azienda sulla pubblicità nei giochi, fornendo linee guida più dettagliate rispetto alle precedenti. In particolare, viene specificato che Steam non supporta i videogiochi che usano annunci pubblicitari in gioco. Si deve quindi rimuovere qualsiasi elemento pubblicitario dai propri titoli prima della pubblicazione sulla piattaforma.

L’azienda consente solo forme limitate di pubblicità, come l’inserimento di prodotti e le promozioni incrociate, purché non costituiscano un componente centrale dell’esperienza di gioco.
Questa posizione si inserisce in un quadro più ampio di linee guida che, storicamente, hanno vietato anche i giochi basati su tecnologie blockchain, incluse criptovalute e NFT.

https://www.tomshardware.com/video-games/pc-gaming/valve-clarifies-ban-on-in-game-advertising-on-steam