Ultime dal digitale

🇫🇷  In Francia hanno riconosciuto legalmente una licenza libera (con tanto di multa salata)

Dalla fine degli anni ’80 la maniera in cui il software libero viene condiviso e utilizzato è regolamentata da “licenze”. Una licenza stabilisce un insieme di regole che delineano ciò che è permesso o vietato fare con il programma in questione.

Nel 2005, in Francia, una grande azienda, Orange SA, ha utilizzato del software libero senza adempiere però alla licenza associata. Grazie a questo programma (una sorta di SPID francese) era possibile gestire gli accessi ai servizi online tramite un’identita digitale, e Orange SA l’ha usato per costruire un sito web dove cittadine e cittadini potevano interfacciarsi ai servizi pubblici.

È quindi dal 2010 che si protrae la diatriba legale, con diversi giudici nell’analisi delle specifiche violazioni commesse. Inizialmente, la vicenda è stata trattata come una violazione del diritto d’autore, ma dopo un’attenta revisione si è arrivatɜ a un riconoscimento più accurato e specifico: si tratta di violazione della licenza.

Il 14 febbraio 2024, la Corte d’Appello di Parigi ha emesso una sentenza che ha legalmente riconosciuto la violazione della licenza da parte di Orange, imponendo all’azienda di pagare una somma considerevole: 500 mila euro per il risarcimento e 150 mila euro per i danni morali.

Questo caso sottolinea l’importanza delle licenze libere non solo come strumento di tutela dell’etica delle tecnologie, ma anche come entità legale riconosciuta e protetta dalla legge.

https://heathermeeker.com/2024/02/17/french-court-issues-damages-award-for-violation-of-gpl/

🤖 All’IA basta il tuo nome per sapere se (non) sei portatə per il lavoro

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel processo di selezione del personale è una tendenza in forte crescita. I dipartimenti di risorse umane non generano profitto per le aziende, trovandosi così costantemente sotto pressione per ridurre le spese. Una possibile soluzione ideale è l’utilizzo di strumenti come GPT: un’IA sviluppata da OpenAI, capace di “comprendere” e generare testi in maniera sorprendentemente umana.

Tuttavia, uno studio condotto da Bloomberg ha rivelato che GPT discrimina lɜ candidatɜ basandosi esclusivamente sui loro nomi, evidenziando come tali pregiudizi di genere e origine etnica siano influenzati dalla natura del lavoro ambito. Ad esempio, nomi maschili sono svantaggiati nelle risorse umane, mentre nomi femminili afroamericani sono penalizzati nell’ingegneria informatica.

Sebbene OpenAI consigli di adottare misure preventive, come oscurare i nomi dai CV prima della loro valutazione, e vieti l’uso di GPT per assunzioni totalmente automatizzate (senza intervento umano), l’azienda non proibisce l’uso di GPT per creare analisi che assistano nel reclutamento.

Nella pratica, però, ciò si traduce in reparti di risorse umane che spesso si affidano all’IA per scremare grandi mole di curriculum, concentrandosi poi solamente sui migliori selezionati. Senza che, in tutto ciò, sia chiaro allə candidatə il motivo per cui non è statə assuntə.

https://www.bloomberg.com/graphics/2024-openai-gpt-hiring-racial-discrimination/

🇨🇭 Un’inchiesta rivela come i servizi segreti svizzeri monitorano tutta la rete internet (in nome del terrorismo)

Quando nel 2016 fu revisionata la legge sui servizi di intelligence del Paese, per placare l’opinione pubblica il governo dell’epoca e il capo dei servizi segreti dichiararono che non ci sarebbe stata una sorveglianza generalizzata dellɜ cittadinɜ, e che la legge si sarebbe applicata solo alle persone risiedenti al di fuori del confine elvetico.

Tuttavia, dai documenti e le ricerche fatte da Republik, risulta che:
1. il traffico internet dellɜ cittadinɜ svizzerɜ è stato letto e analizzato, con tanto di archiviazione dei dati per ricerche successive
2. i tre grandi fornitori di rete (Sunrise, Swisscom e Salt) sono obbligati dalla legge a monitorare e inviare i dati ai servizi segreti
3. l’intercettazione avviene tra mail e chat private, basandosi su alcune parole chiave come nomi di persone, aziende, numeri di telefono e parole cercate sui motori di ricerca

In loro difesa, i servizi segreti avevano dichiarato al Tribunale Federale Amministrativo che sono in grado di monitorare solo il traffico che parte dalla Svizzera e che arriva in una specifica regione (ad esempio la Siria). Tuttavia, l’ingegnere Fredy Künzler smentisce questa affermazione, perché internet non funziona così: il traffico è dinamico e muta nel tempo, ovvero ciò che oggi può puntare in Siria, domani potrebbe puntare su un’altra area del mondo.

Sempre dal Tribunale risale la dichiarazione dell’attuale direttore dei servizi segreti, Christian Dussey; che, nel rispondere alla causa intentata nel 2016 da un gruppo di attivistɜ, giornalistɜ e avvocatɜ, che accusa la legge di violare il diritto della tutela delle fonti e del segreto professionale, ha affermato che nessuna comunicazione tra un`giornalista e la sua fonte è stata monitorata dal 2017. Con il problema che, per fare un’affermazione del genere davanti al tribunale c’è solo un modo: aver revisionato il contenuto di tutte le chat e le mail setacciate.

https://www.republik.ch/2024/01/09/der-bund-ueberwacht-uns-alle

🌍 Com’è cambiato Il movimento per il libero accesso alle informazioni

L’Autorità Garante delle Comunicazioni (AGCOM) ha recentemente ordinato la chiusura di Anna’s Archive, una libreria online che offre accesso gratuito, ma illecito, a libri e contenuti accademici e culturali, aggiungendosi ad altri archivi bloccati nel corso degli anni. Questi archivi digitali, noti anche come librerie ombra, fungono da piattaforme che consentono l’accesso gratuito a contenuti protetti da diritto d’autore o difficili da ottenere legalmente – come gli studi scientifici e l’editoria accademica.

Il movimento che ha portato alla creazione di questi archivi è quello per il libero accesso alle pubblicazioni accademiche. Tuttavia, oggi questo movimento ha perso slancio a causa di vari motivi: pesanti sanzioni, mancanza di ricambio generazionale, centralizzazione dei contenuti su poche piattaforme, predominanza dei dispositivi mobili rispetto ai computer, e dopaminizzazione (spazi digitali sempre più progettati per trattenere lɜ utenti e stimolarlɜ a consumare pubblicità).

Oggi, nonostante la diminuzione di attivistɜ, i risultati delle loro battaglie persistono. Ad esempio, Sci-Hub, archivio di pubblicazioni scientifiche fondato dalla ricercatrice casaca Aleksandra Elbakyan, continua ad essere ampiamente utilizzato, rappresentando una forma di disobbedienza civile contro il sistema di gestione degli accessi alle pubblicazioni scientifiche. Sebbene stiano emergendo modelli legali più accessibili, il dover pagare le riviste scientifiche per accedere agli articoli rimane infatti un grosso ostacolo alla libera circolazione delle informazioni.

https://www.ilpost.it/2024/01/12/fine-guerrilla-open-access/

🇵🇸 No Tech for Apartheid: la campagna contro gli aiuti di Google e Amazon all’esercito israeliano

No Tech For Apartheid è stata lanciata da più di mille lavoratorɜ di Amazon e Google, e supportata da organizzazioni di palestinesi ed ebreɜ statunitensi che sono contrarie all’apertheid a Gaza. Il loro obiettivo è quello di far ritirare i due giganti tecnologici (Amazon e Google) dal Progetto Nimbus; ovvero l’accordo firmato tra Amazon, Google e il governo israeliano, che prevede la fornitura di servizi di computazione cloud e tecnologie di intelligenza artificiale alle forze armate.

Tali tecnologie sono usate nelle operazioni di sorveglianza e repressione che la popolazione palestinese subisce, e che subiva già prima dell’attuale genocidio. Sul sito della campagna, alcunɜ studenti palestinesi raccontano le discriminazioni subite: se vivi a Gaza ti devi accontentare di connessioni 2G o 3G (mentre in Israele si parla di 5G), non puoi acquistare app nel Play Store, né memoria aggiuntiva su Google Drive. Come è già noto, infine, sui social le voci del popolo palestinese vengono periodicamente censurate oppure nascoste dall’algoritmo.

https://www.notechforapartheid.com/