Piccole officine in India hanno dato vita ai “portatili Frankenstein”, portatili composti dalle parti riciclate di vecchi dispositivi. Il costo di un frankenstein si aggira attorno ai €100, 8 volte in meno rispetto al prezzo medio di un portatile nuovo: in India tale divario può far la differenza nel poter continuare a permettersi un corso di studi, senza contare che il riuso delle parti di dispositivi contribuisce a diminuire i rifiuti elettronici.
Le aziende che producono tali dispositivi, tuttavia, tentano in ogni modo di rendere i loro prodotti irriparabili, così da forzare l’acquisto dell’ultimo arrivato e complicare la vita a chi tenta di ripararli. L’uso di viti personalizzate e lo scarso accesso ai pezzi di ricambio sono alcune dellle strategie impiegate (abbiamo parlato del diritto alla riparazione qui).
Inoltre, per ottenere parti riciclate bisogna rovistare tra i rifiuti ed entrare in contatto con elementi come piombo, mercurio e cadmio, tossici per la salute. Se venissero impiegate protezioni adeguate questo non sarebbe un problema, ma in un Paese dove a rovistare sono anche minorenni, le protezioni non sono all’ordine del giorno. “Tossisco molto”, ammette un diciottenne. “Ma che ci posso fare? Questo lavoro dà da mangiare alla mia famiglia”.
https://www.theverge.com/tech/639126/india-frankenstein-laptops