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🌎 In Corea del Sud, le donne combattono contro i crimini sessuali legati al digitale

Molka, il termine sud coreano per dire “telecamera spia”, è il nome con cui nel paese sono conosciuti dei crimini molto diffusi che consistono nell’installare telecamere illegali per ottenere filmati privati di giovani donne, spesso anche minorenni. Questo fenomeno è un tema centrale per il movimento femminista del #MeToo del Paese, da cui sono nati alcuni gruppi che si battono per un inasprimento delle pene contro i filmati illegali.

Nonostante la Corea del Sud sia molto avanzata tecnologicamente e arrivi in città come Seul ad avere un rapporto di una telecamera ogni 132 abitanti, la forte sorveglianza non è affatto sufficiente a contrastare il fenomeno del molka. Spesso, infatti, tra le forze dell’ordine sono diffusi sessismo e pregiudizi, che portano a dubitare delle vittime e a dare loro la colpa per essere state filmate contro la loro volontà. Foto e filmati finiscono poi su comunità e chat online, come nel famoso scandalo de “L’Ennesimo Caso” in cui è stato venduto materiale di 103 vittime, di cui 26 minorenni, ad oltre 60.000 utenti tramite Telegram.

A seguito di questo scandalo, in Corea del Sud è stata approvata una legge informalmente conosciuta come “Legge dell’Ennesimo Caso”, in cui si costringe le grandi compagnie social e siti web con più di 100.000 utenti giornalieri ad implementare dei filtri sui contenuti. Questo ha portato il popolo coreano a ricevere notifiche nelle chat pubbliche, in cui le persone venivano avvisate che le loro foto e video sarebbero state sottoposte a revisione per verificarne la legalità – una cosa che non hanno per niente gradito, portando l’opinione pubblica a schierarsi fortemente a sfavore della legge e a dimenticarsi dell’Ennesimo Caso.

L’associazione senza scopo di lucro Open Net Korea sostiene infine che il filtro limiti la libertà di espressione del pubblico e il diritto alla conoscenza: che questa legge non aiuti a prevenire o contrastare i crimini, e che le persone si limiteranno semplicemente a trovare nuovi modi per continuare a fare quello che stavano facendo.

https://www.codastory.com/authoritarian-tech/molka-digital-sex-crimes-south-korea/

🐦 Elon Musk ha fatto modificare l’algoritmo di Twitter per dare priorità al suo profilo

Alle 2:36 di lunedì scorso, lɜ dipendenti Twitter si sono trovatɜ un messaggio da James Musk, cugino di Elon, in cui veniva chiesto con urgenza l’aiuto di tuttɜ coloro che fossero online per un compito importante: quello di aumentare le interazioni e le visualizzazioni del profilo di Elon Musk, moltiplicando il punteggio dei suoi contenuti per mille.

Questo accade settimane dopo il licenziamento di uno dei principali ingegneri rimasti nella compagnia, che quando interpellato dal capo di Twitter in persona sul perché le interazioni fossero così basse, rispose che l’interesse verso la sua figura stava calando – cosa che Musk non gradì.

Sempre a tema licenziamenti, l’azienda non è più riuscita a riprendersi dal netto taglio del personale che ha imperversato in questi mesi: i disservizi continuano, mentre i gruppi di lavoro si sono rintanati in chat private (Signal, Whatsapp), anche per paura di ripercussioni. Lɜ dipendenti intervistatɜ anonimamente riportano infatti che quando viene chiesto loro qualcosa, pensano alla risposta che ha “meno probabilità di farlɜ licenziare” e che moltɜ loro colleghɜ sono alla ricerca di un altro posto di lavoro.

https://www.theverge.com/2023/2/14/23600358/elon-musk-tweets-algorithm-changes-twitter

📰 Guardian, New York Times, Le Monde, Der Spiegel ed El País firmano una lettera aperta contro l’estradizione di Assange

L’appello delle cinque testate, rivolto a Joe Biden, si concentra sul fatto che l’utilizzo di una legge – l’Espionage Act – redatta più di 100 anni fa e pensata per l’ambito militare non possa essere usata per censurare la stampa.

“Dodici anni dopo la pubblicazione del “Cablegate”, è ora che il governo degli Stati Uniti ponga fine all’azione penale contro Julian Assange per la pubblicazione di informazioni segrete. Pubblicare non è un crimine.”

https://www.valigiablu.it/assange-guardian-new-york-times-der-spiegel/

▶️ Lo streaming di oggi è lo spettro di se stesso

Da mesi compagnie di streaming come Netflix e HBO Max sono di fronte a cali di iscrizioni, a cui seguono licenziamenti e titoli cancellati dalle loro librerie.

Questo perché il loro modello imprenditoriale si basa sul continuo rinnovamento di abbonamenti misto a un’infattibile crescita senza sosta in iscrizioni (al contrario di film e serie al cinema e in TV, che incassano sulle varie messe in onda). Per convincere la gente a restare, le piattaforme generano allora contenuti su contenuti ma, dati i ritmi insostenibili, la qualità si abbassa fino a perdere importanza, con la viralità che diventa metro di misura.

Non sono più le storie o il taglio artistico a valorizzare una pellicola, bensì quanto questa sia in grado di diffondersi: ciò porta, anche tramite l’utilizzo di algoritmi per predire i gusti di chi guarda, sia a creare film che spuntino tutte le caselle di viralità (creando un agglomerato perlopiù senz’anima con contenuti pressoché identici), sia a produrre contenuti a basso sforzo (primi fra tutti i reality, che compensano con la carica emotiva dei partecipanti).

Sembra però che questo non implicherà la loro disfatta: citando i filosofi Adorno e Horkheimer, questi contenuti svolgono il ruolo dell’intrattenimento come “prolungamento del lavoro. Lo si ricerca come fuga dal processo lavorativo meccanizzato, e per recuperare le forze in modo da poter riaffrontare quel lavoro nuovamente”. In altre parole, guardare certi programmi di dubbia qualità risponde alla necessità di staccare la spina in un mondo che non ci lascia abbastanza tempo, nutrendosi di quel tempo e impedendoci di fare davvero dell’altro

https://yewtu.be/watch?v=UgBfRYwymgg

🌍 OpenAI ha sfruttato lavoratorɜ del terzo mondo a meno di 2 dollari l’ora per rendere la sua “intelligenza artificiale” ChatGPT meno tossica

L’intelligenza artificiale di OpenAI deve le sue capacità alle grosse quantità di dati prese da Internet, dai quali ha però assorbito parte dei pregiudizi (razzismo, sessismo e così via) che rendono il software difficile da vendere. Per porre rimedio, l’azienda ha iniziato a costruire un meccanismo di sicurezza basato su intelligenza artificiale che riconosce frasi tossiche e le elimina, affidandosi per l’allenamento dell’algoritmo a Sama, un’azienda californiana già al centro di scandali tra traumi e diritti negati che esternalizza etichettatorɜ in paesi del terzo mondo con salari miseri.

Il lavoro di chi etichetta è un lavoro molto usurante dal punto di vista psicologico, in quanto bisogna leggere tutto il giorno, tutti i giorni, testi che possono contenere contenuti disturbanti e traumatizzanti.

La collaborazione tra OpenAI e Sama è crollata a febbraio quando quest’ultima si è rifiutata di etichettare immagini che potevano contenere violenza, abusi sui minori e altro materiale disturbante.

https://time.com/6247678/openai-chatgpt-kenya-workers/